In apertura, uno scorcio dei vitigni antichi a Castel di Pugna, Siena 

È l’Italia la nuova destinazione turistica degli italiani nell’era post Covid-19. Ecco allora un originale itinerario alla scoperta dei vigneti situati nelle città, un patrimonio storico, culturale ed enologico raro e antico. Urban Vineyards Association, il cui acronimo U.V.A. non poteva essere più appropriato, è la rete che riunisce i comuni che conservano all’interno delle loro mura vigneti urbani antichi, beni da promuovere e valorizzare come mete turistiche.

 

Questi gioielli ambientali e paesaggistici hanno ispirato Luca Balbiano, giovane produttore di Torino, che ha dato il via all’associazione coinvolgendo storiche realtà come la Vigna di Leonardo a Milano, le Vigne delle Isole di Venezia, la Vigna del Gallo dell’Orto Botanico di Palermo, le viti antiche del progetto Senarum Vinea a Siena e, naturalmente, la sua Vigna della Regina nel capoluogo piemontese.

Balbiano conduce l’unico vigneto urbano in Italia che a oggi produce vino Doc, il Freisa di Chieri. È situato sulle pendici della collina torinese, presso la Villa della Regina voluta e progettata dal principe Maurizio di Savoia all’inizio del ‘600, dal 1997 Patrimonio Mondiale dell’Umanità. La residenza ha conosciuto un lungo periodo di degrado fino al recupero realizzato tra il 2003 e il 2006 dalla Soprintendenza per i Beni storici, artistici ed etnoantropologici del Piemonte. Il reimpianto del vigneto – con 2.700 barbatelle per quasi un ettaro – è stato affidato alle cure dell’azienda di Balbiano e dal 2011 l’area è compresa nella zona a denominazione di origine rendendo possibile la produzione del Freisa di Chieri Doc Vigna Villa della Regina.

 

Ma l’Italia non è l’unico Paese a custodire vigneti urbani storici: anche Parigi, con le vigne di Montmartre, ha aderito all’associazione U.V.A., che conta di estendere la rete in Europa con Praga, Vienna e altre città, più o meno grandi, tutte accomunate da questa identità vitivinicola urbana. Terreni che sono un patrimonio da conoscere al pari di un’opera d’arte o di un monumento, con varietà autoctone antiche, esemplari e biotipi rari da proteggere e valorizzare con progetti di recupero storico, culturale, paesaggistico e turistico. Perché ci si evolve sempre di più verso forme nuove di invito al viaggio, dove la conoscenza e l’esperienza sono forte elemento attrattivo e di motivazione.

 

Basti pensare a cosa ha significato nel 2019 l’enoturismo per l’Italia, con circa 15 milioni di praticanti e un giro d’affari che sfiora i tre miliardi di euro l’anno, secondo le stime dell’ultimo rapporto dell’Osservatorio sull’enoturismo dell’Associazione nazionale Città del Vino, con sede a Siena. Il paesaggio vitato della città toscana e del suo suburbio è stato esplorato, grazie al progetto interdisciplinare Senarum Vinea curato da Città del Vino in collaborazione con l’Università di Siena, con l’intenzione di recuperare l’antico legame tra il centro abitato, la vite e il vino. Legame ben illustrato dall’Allegoria del Buon Governo affrescata nel 1338 da Ambrogio Lorenzetti, esposto al Museo Civico del Palazzo Pubblico. Le barbatelle selezionate e messe a dimora nei terreni dell’azienda Castel di Pugna, individuata come impresa custode, hanno ottenuto un primo vino di Siena sperimentale. Le microvinificazioni delle uve salvate dall’oblio – le rosse Occhio di pernice, Giacchè, Mammolo e il bianco Procanico – indicano la strada per un nuovo vino identitario della città.

Vigna della Regina, Torino

Se Torino ha la sua vigna di regali origini e il centro storico di Siena nasconde viti già note nel Medioevo, non meno sorprendente è Venezia, che racchiude tra le sue isole piccole porzioni di vigneti, residuali, a volte situati in aree abbandonate, che meritano di essere recuperati e riscoperti. Un obiettivo che l’associazione Laguna nel bicchiere sta portando avanti da anni anche con intenti didattici, coinvolgendo le scuole in occasione della vendemmia. Il consorzio cura quelli delle isole di Malamocco, delle Vignole, della Giudecca, di Sant’Elena e di San Michele. Il vigneto urbano più antico di Venezia è però quello di San Francesco della Vigna, gestito dall’azienda Santa Margherita: il vino prodotto si chiama Harmonia Mundi e il ricavato delle bottiglie vendute (circa un migliaio) è utilizzato per finanziare borse di studio.

 

Milano, invece, lega la sua vigna urbana al genio di Leonardo a cui Ludovico Maria Sforza detto il Moro, nel 1498, donò una terra dove il Maestro si cimentò nella coltivazione della Malvasia di Candia, circa un ettaro nel Borgo delle Grazie con l’annessa Casa degli Atellani. Lasciata la città meneghina Leonardo non smetterà mai di occuparsene, tanto che in punto di morte, nel 1519, la citerà nel testamento, lasciandone una parte al suo allievo prediletto Gian Giacomo Caprotti, detto il Salaì. All’ombra della cupola di Santa Maria delle Grazie, dal 2015 cresce di nuovo rigogliosa la Vigna di Leonardo, per volontà della Fondazione Portaluppi e degli attuali proprietari di Casa degli Atellani, grazie al progetto della facoltà di Scienze agrarie dell’Università di Milano curato da Attilio Scienza. Nel settembre 2018 è avvenuta la prima vendemmia con la raccolta di oltre due quintali e mezzo di Malvasia di Candia, lasciata fermentare sulla buccia all’interno di un’anfora in terracotta, secondo un antico processo di vinificazione usato in Lomellina, storica terra sforzesca. A cinque secoli dalla morte del genio di Vinci, hanno visto la luce le prime bottiglie del vino di Leonardo.

 

La Vigna del Gallo dell’Orto Botanico di Palermo ha invece origini più recenti: nel 2018 è partito il progetto per la conservazione di 95 vitigni autoctoni siciliani, identitari della biodiversità dell’isola. Il vigneto è tornato a vivere in una porzione di quello che era l’esteso terreno acquistato dalla Regia Accademia degli Studi di Palermo nel piano di Sant’Erasmo, dove poi si è sviluppato l’Orto Botanico fondato nel 1789, una tra le più importanti istituzioni accademiche italiane. Il progetto è stato avviato dal Sistema museale e dal Dipartimento di agraria dell’Università di Palermo e dal Consorzio di tutela vini Sicilia Doc, circa 200 m2 in cui dimorano vitigni autoctoni già noti e piante reliquia a rischio di estinzione: Prunella, Muscaredda, Corinto bianco, Cutrera, Zuccaratu, Visparola.

 

Altre città in Italia conservano all’interno del loro nucleo urbano presenze più o meno significative di zone coltivate a uva, preziose testimonianze di biodiversità e di valore paesaggistico. Non manca Roma, con il vigneto nei giardini della Scuola Francese del Sacro Cuore a Trinità dei Monti, impiantato anni fa dalla città di Narbonne per celebrare le sue origini romane e che produce una limitata quantità di vino Gallico. Come si dice, a ognuno la sua vigna.