In cover, Valle del Nosè (CO) © Carlos Solito

Tra le pieghe della roccia occhieggiano le porte di un universo nascosto che, in un pianeta nel quale le terre emerse sembrano non svelare più misteri, è letteralmente una frontiera dove l’esplorazione di nuovi orizzonti ipogei è all’ordine di ogni spedizione. Un firmamento di caverne, cunicoli, pozzi, baratri, gallerie e forre in continua scoperta studiate da un autentico geografo del buio: lo speleologo.

 

Escluse le pionieristiche esplorazioni, la speleologia nacque ufficialmente alla fine del 1800 quando il francese Édouard-Alfred Martel, considerato il precursore della moderna esplorazione sotterranea, coniò il termine spèlaion (caverna) e lògos (ragionamento) inteso come scienza che studia le grotte.

Grotte di Castelcivita, Cilento © Carlos Solito

2021, ANNO INTERNAZIONALE DELLE GROTTE

Da allora, di passi in avanti, anzi nel buio, ne sono stati fatti tanti: è la storia di uomini di un tempo e di oggi accomunati dal grande desiderio di scoperta che, con mezzi e attrezzature diverse, sono riusciti a fendere l’oscurità definendone i confini. Tra insoliti vuoti nella roccia, che ospiterebbero enormi cattedrali, vertiginose voragini, chilometriche ramificazioni, stretti passaggi imbrattati di fango e sinuosi meandri, lo speleologo ha mappato, fotografato e studiato migliaia di cavità sparse in tutto il mondo che nel 2021 vengono celebrate con l’Anno internazionale delle grotte e del carsismo.

 

Un grande riflettore sul fragile e sorprendente mondo sotterraneo – con il claim “esplorare, capire e proteggere” – decretato dall’Unione internazionale di speleologia che, unendo 54 Stati membri, coinvolge un qualificato team di esploratori, ricercatori, scienziati ed educatori nella promozione di numerosi eventi scientifici ed educativi. In Italia l’appuntamento, promosso in collaborazione con la Società speleologica italiana e la Federazione speleologica campana, è Speleo Kamaraton, a Marina di Camerota (SA) dal 29 ottobre al 1° novembre.

Grotta Impossibile (TS) © Carlos Solito

AL NORD, DAL CARSO TRIESTINO ALLA VALLE DEL NOSÈ

Senza un plurisecolare, costante e incredibile lavoro di attenta ricerca, non avremmo mai saputo che, al pari dei paesaggi e dei monumenti che splendono alla luce del sole, l’Italia vanta altrettante bellezze create da uno scultore d’eccezione nel corso di milioni di anni: l’acqua. Stalattiti, stalagmiti, pozzi, gallerie, cunicoli, meandri e sale affollano l’altra faccia della medaglia dello Stivale, un groviera roccioso con oltre 35mila grotte note all’indagine speleologica. Un viaggio ideale al centro dell’Italia parte dal luogo dove è iniziato lo studio del carsismo e dal quale deriva anche questo nome: il Carso Triestino.

 

Si parte dalle grotte Gigante e Impossibile, entrambe note per le immense caverne. La prima ha una sala lunga 167 metri, alta circa 100, larga 76 per ben 365mila metri cubi. Una vera e propria tana di ciclopi il cui percorso turistico, esteso per 850 metri, si può anche esplorare virtualmente sul sito grottagigante.it. Anche la seconda, scoperta casualmente durante i lavori di scavo della galleria tra Cattinara e Padriciano, sorprende per le dimensioni dei suoi ambienti, che vantano concrezioni mozzafiato come la stalagmite più alta del Carso: 22 metri, un palazzo di sette piani.

 

Nei recessi rocciosi del cosiddetto Triangolo Lariano, in provincia di Como, le acque del Pian del Tivano sono inghiottite dal Complesso della Valle del Nosè, ovvero dalle grotte Tacchi-Zelbio-Stoppani-Bianchen-Fornitori: un labirinto tridimensionale profondo 560 metri e lungo 67 chilometri. La cavità più estesa dell’Italia continentale in una Lombardia lontana dall’immaginario collettivo.

Antro del Corchia, Alpi Apuane (LU) © Carlos Solito

Al CENTRO, TRA IL MONTE CORCHIA E PASTENA

Dentro le Alpi Apuane, in Toscana, ci sono i più grandi abissi italiani profondi oltre mille metri come il Paolo Roversi (-1.350 m) e Olivifer (-1.215 m); mentre dentro il Monte Corchia c’è un ginepraio calcareo di 60 chilometri di lunghezza e oltre mille metri di profondità. Un breve tratto del lungo sistema, al quale si accede attraverso una ventina di ingressi, è adibito a percorso turistico lungo una passerella in acciaio che permette di immergersi nelle viscere del marmo così caro a Michelangelo.

 

L’Appennino centrale, nelle Marche, propone invece le grotte di Frasassi-Fiume-Vento, nella top five delle Destinazioni europee d’eccellenza (Eden) 2020. Estese per circa 30 chilometri, presentano angoli decorati da bianchissime concrezioni come i colonnati dell’Abisso Ancona, che per dimensioni potrebbe contenere il Duomo di Milano.

 

A sud di Roma, in provincia di Frosinone, alle pendici dei Monti Ernici, nelle campagne di Collepardo si trovano il pozzo Dantullo e la grotta dei Bambocci, rispettivamente noti per la spettacolare voragine dal diametro di 140 metri e la selva di stalattiti negli ampi ambienti ipogei. A pochi chilometri, le acque del torrente Fosso Mastro precipitano nel grande portale delle grotte turistiche di Pastena per attraversare gallerie e laghetti fino alla risorgenza. Si possono esplorare questi tre geositi anche attraverso filmati e fotografie cliccando su grottepastenacollepardo.it.

Voragine Previticelli, Alta Murgia, Puglia © Carlos Solito

AL SUD, NON SOLO LA GROTTA AZZURRA

In Campania non c’è solo la famosa grotta Azzurra di Capri. Tra i Monti Alburni, nel Cilento, oltre i pozzi e gli abissi verticali delle alte quote, noti localmente col toponimo di grave, ci sono le grotte di Pertosa, visitabili a bordo di una barca che risale il fiume sotterraneo Negro fino a una fragorosa cascata. Sempre alle falde degli Alburni, da non perdere un altro complesso turistico: Castelcivita, con uno sviluppo di cinque chilometri tra corridoi e caverne, tra cui la Bertarelli e la Grande Frana.

 

Dire Puglia, invece, vuol dire grotte di Castellana, sotto la Murgia dei Trulli. Scoperte nel 1938 dallo speleologo Franco Anelli, sono tra quelle turistiche con maggior afflusso in Italia. Dalla vasta voragine della Grave (scenografia dello spettacolo l’Inferno di Dante di Enrico Romita), il percorso di tre chilometri propone angoli di incomparabile bellezza e stupore, dal Cavernone dei Monumenti ai corridoi del Deserto e Rosso, fino alla Torre di Pisa oltre la quale si spalanca la grotta Bianca, tra le più belle dello Stivale per le immacolate stalattiti e stalagmiti.

 

Le pance dei Supramontes sardi, a detta di tutti gli speleologi che le hanno esplorate, sono un paradiso. Nella Còdula di Luna, a Urzulei (NU), c’è Su Palu - Su Spiria. Un immenso complesso di saloni, meandri, pozzi e ciclopiche caverne (Lilliput è lunga circa un chilometro e alta cento metri) che, attraverso studi ed esplorazioni decennali, sono state congiunte alla grotta del Bue Marino a Cala Gonone. Ne è venuto fuori un sistema di oltre 70 chilometri, in assoluto la grotta più lunga d’Italia e tra le maggiori d’Europa. Sempre tra le falesie del golfo di Orosei, da non perdere le risorgenze fossili di Cala Luna, le concrezioni impossibili di Su Meraculu e della grotta del Fico. Nella valle Lanaittu, a Oliena, è il sistema di Sa Oche - Su Bentu la grotta più lunga, con oltre 15 chilometri, ma le cavità più affascinanti sono la voragine di Tiscali (da non confondere con l’omonima Dolina) ed Elighes Artas, dalle lunghe radici concrezionate.

ABISSI DA SFOGLIARE

Grotta Donini, Supramontes (NU) © Carlos Solito

Fresco di stampa è l’ultimo libro dedicato alle grotte della Società Editrice Milanese, Dal fondo del pozzo ho guardato le stelle. L’autore, Andrea Gobetti, il nipote dello storico Pietro, tra i più prolifici e instancabili speleologi italiani in circolazione, racconta le esplorazioni dai vulcani filippini alle grotte piemontesi passando per le montagne albanesi, da Malapgap a Piaggia Bella, tra cime innevate e aride colline, sulle tracce di fiumi carsici.

 

Gobetti indaga la natura di quell’umanità con cui vengono a contatto i devoti di una attività non competitiva, anticonformista, non retribuita e destinata a un certo ma eccellente anonimato. In compagnia di una banda di amici, questo “scrittore sul campo” intrattiene il lettore e lo trascina, letteralmente, negli abissi più oscuri per svelargli i misteri della passione speleologica che da sempre gli arde dentro. Un libro per chi ama il lato nascosto delle cose, per chi non ha paura di tuffarsi nell’ignoto e sprofondare nel buio, in un’epoca in cui tutto è fatto per abbagliare ed essere abbagliati.

Articolo tratto da La Freccia