In cover, un volo acrobatico delle Frecce Tricolori © Romeo Gaetano

Il suo sguardo si illumina in tre precisi momenti. Quando parla di sua moglie e dei suoi figli di cinque e dieci anni, ai quali ha dedicato il cuore. Quando ragiona sulla bandiera italiana e l’Aeronautica militare, alle quali ha dedicato il suo rispetto. Quando racconta dei suoi ragazzi, i piloti che compongono la Pattuglia acrobatica nazionale (Pan), che ha compiuto 60 anni il 1° marzo scorso e alla quale ha dedicato il suo talento professionale.

 

Gaetano Farina, comandante delle Frecce Tricolori, nome in codice Pony 0, come un direttore d’orchestra guida da terra le evoluzioni aeree dei dieci membri della formazione: il leader in cielo Pony 1, cioè il maggiore Stefano Vit, e gli altri piloti tra i 30 e i 40 anni, da Pony 2 a Pony 10, che volano a 700 km/h a un metro e mezzo di distanza l’uno dall’altro.

 

Siamo seduti al tavolo del suo ufficio nella base di Rivolto, in provincia di Udine, con le finestre che danno sulla pista e a tratti si sente il rombo dei velivoli MB339, prodotti dalla italiana Leonardo Aircraft, che sfrecciano nel cielo disegnando figure di addestramento. Evoluzioni che tutti possono ammirare il 2 giugno, per il 75esimo compleanno della Repubblica italiana.

Gaetano Farina

Siete il fiore all’occhiello dell’Aeronautica militare, espressione della ricerca della perfezione in ogni reparto e in ognuna delle professionalità delle oltre 100 persone che lavorano qui.

Mi piace definire le Frecce Tricolori come la sintesi di tutte le capacità dell’Aeronautica militare. Siamo uno dei reparti, un piccolo tassello di questo mondo, che ha il compito particolare di rappresentare le capacità di uomini e donne che lavorano quotidianamente dietro le quinte per produrre qualcosa. Un compito istituzionale, stabilito per legge, a servizio del cittadino e del Paese. Ci inorgoglisce avere la possibilità, attraverso il nostro volo, di stendere il Tricolore della nostra bellissima bandiera. Come è accaduto quando abbiamo sorvolato l’autodromo di Imola per il Gran premio d’Italia, intitolato alle eccellenze del made in Italy. Abbiamo la fortuna di metterci la faccia, ma lo facciamo in nome di coloro che, come noi, ogni giorno compiono qualcosa di straordinariamente professionale.

 

Il vostro volo acrobatico fa venire la pelle d’oca, siete un simbolo trasversale che unisce tutti.

Più che le Frecce Tricolori, senza falsa modestia, penso che a mettere d’accordo tutti sia il sentirsi uniti sotto un unico simbolo, quello del nostro tricolore. Poi ciò che facciamo è altamente spettacolare, davvero da pelle d’oca. Adesso, da comandante, avendo il privilegio di gestire e ammirare da terra il volo delle Frecce, mi rendo conto delle emozioni che riusciamo a suscitare. E allo stesso tempo capisco l’emozione che il pubblico è capace di regalare ai piloti, scatenando applausi non appena termina il sorvolo.

 

Da bambino sognava già di volare?

Avrei voluto fare l’ingegnere civile, diventare pilota era uno dei miei sogni ma in famiglia nessuno aveva intrapreso una carriera nel mondo aeronautico, così lo vedevo quasi irrealizzabile, un sogno “di backup”. Poi sono stato fortunato, ho superato i diversi livelli del concorso, frequentato l’Accademia, sono diventato pilota militare e oggi comandante delle Frecce Tricolori. Un sogno che si è autoalimentato passo dopo passo.

Gaetano Farina con i dieci piloti della Pattuglia acrobatica nazionale

Cosa ha provato quando ha varcato per la prima volta il cancello di questa base?

Mi hanno assegnato alle Frecce Tricolori il 4 giugno 2009. Il primo sentimento è stata la paura di non essere all’altezza del compito, avevo il dubbio di non esserne capace. In realtà, dopo poco, mi sono reso conto di come le sfide che si viene chiamati ad affrontare siano diverse ma impegnative quanto altre già vissute. E poi mi è salita la voglia di rimettermi completamente in gioco nel far parte delle Frecce Tricolori.

 

Si smette mai di imparare?

In 12 anni di lavoro in questo gruppo, dopo ciascuno dei voli compiuti, non mi sono mai sentito completamente soddisfatto: c’è sempre da migliorare. È una mentalità comune a tutta l’Aeronautica militare: puntare alla perfezione, consci del fatto che mai riusciremo a raggiungerla. La sfida più grande, da comandante, è stata passare dalle competenze tecniche che riguardano il volo a quelle di gestione del personale per rendere tutti partecipi del risultato finale: manifestazioni spettacolari, in completa sicurezza, con dieci velivoli in volo.

Quando i suoi ragazzi sono lassù, cosa prova per loro?

Sono totalmente concentrato su quanto sta accadendo. Il contatto umano è fondamentale soprattutto prima del volo, ogni giorno bisogna capire se ciascuno di loro è pronto, fisicamente e mentalmente, per affrontare una giornata di addestramento. Un rapporto di amicizia e fiducia reciproca che viene prima di quello tra comandante e pilota.

 

All’ingresso della base c’è scritto: «Nella formazione l’individualità sparisce».

Una frase che sintetizza appieno il lavoro di squadra, dove tutti sanno cosa fare, come e quando farlo. È l’idea di mettere tutto te stesso a disposizione del gruppo in maniera equilibrata.

Il giornalista Andrea Radic e il comandante delle Frecce Tricolori Gaetano Farina nella base di Rivolto (UD)

Quanto deve essere speciale chi, nella vita, sta al fianco di un pilota delle Frecce Tricolori?

È un impegno notevole, bisogna essere capaci di superare lo stress per qualcosa che può essere percepito come altamente pericoloso. In realtà la gestione del rischio è altamente specializzata, non comprende l’incertezza. Per fugare ogni dubbio rendiamo sempre partecipi di tutto le nostre famiglie. Anche perché la paura è qualcosa di ignoto, mentre noi ci addestriamo.

 

Quali momenti ricorda con più forza?

Il primo volo davanti ai miei parenti, gli affetti a me più cari. E i sorvoli dell’Abbraccio tricolore sui capoluoghi italiani e sopra le città di Codogno (LO) e Loreto (AN), a maggio 2020, un momento fortemente sentito dagli italiani e che ci ha molto emozionato. Un sentimento di forte appartenenza all’Aeronautica militare e alla nostra nazione che mi porterò dietro per tutta la vita.

Quali sono i valori che rafforzano il gruppo?

Essere completamente nelle mani di chi ti vola a fianco crea un legame fortissimo tra i membri della formazione. Una piccola imperfezione di un singolo pilota può inficiare la prestazione di chi gli sta accanto. Per costruire questa fiducia serve un lavoro giornaliero da parte mia e di tutti. Non esiste una formula magica, si tratta di ruoli ben definiti, rapporto quotidiano, profondo rispetto.

 

Vi vedete anche fuori dalla base aerea?

Facciamo sport insieme, usciamo con le famiglie. Abbiamo costruito un legame forte, una bella alchimia.

Viaggiare in treno le piace?

Ovviamente, gli spostamenti per lavoro avvengono con il velivolo. Ma i viaggi in treno sono quelli che preferisco: si sta comodi, non devo guidare e ho l’occasione di ammirare le meraviglie del nostro bellissimo Paese. Da sud a nord cambiano i paesaggi, le sfumature dei luoghi, i colori delle campagne, del lungomare, della vegetazione. Guardare l’Italia dal cielo è bellissimo, vederla scorrere dal treno lo è in egual modo.

 

Lei è pugliese, torna spesso nella sua terra?

D’estate la mia famiglia va in Puglia, dove c’è anche mia mamma. Io li raggiungo ogni volta che posso, ci torno sempre, mi è rimasta nel cuore.

Qual è il profumo della sua infanzia?

Quello della macchia mediterranea, degli uliveti pugliesi e del camino acceso per le grigliate estive. Sono cresciuto a Francavilla Fontana, un piccolo paese in provincia di Brindisi, e l’estate ci trasferivamo in campagna. Un profumo che ritrovo subito, ogni volta che arrivo in Puglia.

 

E i sapori della sua terra?

Sono quelli legati alle capacità culinarie di mia mamma e, ora, di mia moglie: siamo nati nello stesso paese, a 30 metri di distanza, e ci siamo ritrovati da grandi. Il suo piatto forte è la parmigiana.

 

Ha un rito scaramantico prima di salire sul suo aereo?

Mi lego prima la cintura destra rispetto alla sinistra, pur essendo destro. E tengo sempre in tasca un coin, una monetina che è con me dalle scuole di volo negli Stati Uniti.

Articolo tratto da La Freccia