Si è svolto ieri, in occasione della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, un incontro online con Valentina Cardinali e Loredana Pesoli Consigliere di Parità della Regione Lazio, organizzato su iniziativa del CPO nazionale di FS con il supporto di Relazioni Industriali, Lavoro e Welfare e insieme a Formazione FS, rivolto a tutte le oltre 350 componenti dei diversi Comitati di Pari Opportunità Territoriali e rappresentanti le tante realtà lavorative presenti all’interno del Gruppo. L’obiettivo è stato quello di sollecitare riflessioni e accrescere la consapevolezza sul tema della disparità di genere e della discriminazione uomo-donna, sia in generale che nella peculiarità che questi temi stanno assumendo durante l’emergenza sanitaria. Una consapevolezza sulle radici profonde della disparità di genere, per poterla vedere e fermare prima ancora che questa diventi violenza sui corpi e affinché questa violenza sia prevenuta. 

LE RADICI DELLA VIOLENZA SULLE DONNE

La violenza sulle donne, sul loro corpo e spesso, purtroppo, contro la loro stessa vita è l’atto e lo strumento ultimo ed estremo di un sistema di dominio molto antico: da un lato la supremazia dell’uomo e dall’altro la donna relegata in posizione subalterna. Le radici di questa subalternità sono spesso indicate nella nascita del patriarcato, la più antica e fondativa forma di proprietà e di potere, volta a mantenere il controllo sulla capacità riproduttiva della donna. Il controllo e il potere sul “corpo” delle donne e sulla loro libertà di affermazione.

È per questo che la violenza sulle donne non è un fatto privato ma collettivo, perché radicato in un contesto più generale, culturale e sociale, che riflette una asimmetria di potere, tesa a limitare la libertà delle donne e mantenere la stabilità sociale fondata sull’estensione del dominio maschile a tutti gli ambiti.

LE QUESTIONI DI GENERE 
La violenza sulle donne è la più drammatica delle discriminazioni di genere, in quanto è una violazione dei diritti umani. È la punta di un iceberg molto grande, che abbraccia le tante questioni relative alla condizione femminile nella società, nella famiglia e nel mondo del lavoro. Una condizione che, su ciascuno di questi tre ambiti, ha avuto nella storia connotazioni differenti a seconda dei luoghi e delle culture, con una costante: la posizione subalterna, in ombra, lontano dai luoghi della discussione, del sapere e delle decisioni.

Le conquiste, anche molto recenti, sul piano dei diritti civili e della partecipazione sociale, lavorativa e politica, non hanno ancora trovato una completa corrispondenza sul piano fattuale e sostanziale, nonostante le tante competenze, i talenti, il valore professionale e un’eccellenza diffusa delle donne in tanti ambiti. Ancora esistono e resistono modelli familiari, all’interno delle relazioni affettive e delle mura domestiche, che possono portare le donne ad essere “invisibilmente” succubi di violenze economiche, psicologiche, fisiche e sessuali, in maniera assolutamente “democratica” e interclassista. È proprio in casa infatti che si consuma la maggior parte dei casi di violenza di genere (93% secondo l'ISTAT).

DISPARITÀ DI GENERE E GLI EFFETTI DELLA CRISI DA COVID
La pandemia in corso ha amplificato ed aggravato tutto ciò, ma proprio per questo ha anche potentemente messo in evidenza l’esistenza di una disparità che ha radici strutturali profonde e che oggi appare ormai non più sostenibile. Dalla “fatica tripla” delle donne durante il periodo di confinamento (le attività ordinarie più quelle straordinarie della didattica a distanza o della gestione delle quarantene), allo smart working che rischia di diventare una “gabbia” al femminile (se non viene adeguatamente ripartito tra i partner sia il lavoro retribuito che quello familiare), al problema della perdita del lavoro (che ha colpito più duramente le donne, maggiormente occupate nel settore dei servizi oggi più in crisi), fino all’aumento dei casi di violenza (+73% di telefonate al 1522 secondo l'ISTAT), dopo un primo periodo all’inizio del confinamento in cui spesso le vittime non riuscivano neanche a denunciarli per il controllo da parte degli abusanti. 

Questa insostenibilità, in verità, non è solo per le donne, bensì per l’intera collettività, e in questo momento rischia di mettere in crisi la stessa gestione dell’emergenza. È necessaria una consapevolezza che possa affiancare le azioni strutturali e collettive per favorire l’occupazione e l’indipendenza economica femminile, necessarie anche per aiutare le donne ad uscire dalla spirale della violenza, laddove questa si sia innescata. Una consapevolezza che auspichiamo si possa diffondere come “contagio buono”, tra donne e uomini, per superare ogni possibile discriminazione. Perché la disparità di genere è un problema di sistema, rilevante da un punto di vista sociale ed anche economico per l’intero Paese. Una questione che non riguarda solo le donne.