Foto Archivio Fondazione FS Italiane

Il ritorno in circolazione dal 3 giugno di un treno, un Frecciarossa, che collega senza cambi Torino e Reggio Calabria, e che vivremo live con un reportage in diretta qui su fsnews.it, ci consente di compiere un lungo viaggio nella storia. L’innovazione tecnologica e digitale delle Frecce, oggi il non plus ultra della mobilità ferroviaria italiana, sembra confinare nella categoria “passato remoto” il loro predecessore sulla stessa rotta, ossia quel Treno del Sole, così lo battezzarono, che a partire dagli anni ’50 collegava il Sud agricolo al Nord sempre più industrializzato. Un treno che andrebbe raccontato al passato prossimo, considerando che la sua ultima corsa è stata effettuata nel 2011, appena nove anni fa.

 

Ma facciamo un passo indietro. Precisamente al 19 dicembre 1953: in quel lontano sabato italiano sferraglia per la prima volta sui binari il direttissimo TS-ST, sigle che stanno a indicare le città che unisce, Torino e Siracusa, in 25 ore. Per tutti però, anche per le Ferrovie che ne acquisiscono la denominazione, il suo nome è il Treno del Sole. In partenza dall’isola il treno si imbarca sul traghetto per lo stretto di Messina e giunto a Villa San Giovanni viene ricomposto. Qui si aggiungono carrozze provenienti da Palermo e da Reggio Calabria, e con una nuova composizione inizia il viaggio peninsulare verso il settentrione. Ci si ferma solo nei centri maggiori: Lamezia, Paola, Maratea, Sapri, Salerno, Napoli. A Roma Ostiense si aggiungono alcune carrozze provenienti da Termini, poi tappa a Pisa, Genova e Torino Porta Nuova.

 

In quei giorni precedenti le festività natalizie, in realtà, il treno è molto più affollato nella direzione opposta, da Nord a Sud, con numerosi meridionali che approfittano delle ferie per tornare nella terra natia. I primissimi emigrati raccontano Torino come una terra promessa, pronta ad accogliere nuova forza lavoro, con un’occupazione nelle fabbriche che consente di lasciare miseria e arretratezza per vivere una vita più agiata e progredita. Così, salutato il nuovo anno appena arrivato, si trovano a tornare all’ombra della Mole in compagnia di parenti, amici e compaesani, desiderosi di vivere lo stesso sogno, quello che diventerà il miracolo economico.

I treni della speranza diventano in breve tempo i protagonisti di una nuova ondata migratoria, non più in direzione delle Americhe come nella prima parte del secolo, ma verso il centro Europa e, in seconda battuta, verso il triangolo industriale italiano. Per assecondare la nascente migrazione interna pochi mesi prima del Treno del Sole era nata anche la Freccia del Sud, un treno che da Palermo terminava la sua corsa a Milano. A bordo un flusso continuo di persone sempre accompagnate dalle iconiche valigie di cartone e cariche di generi alimentari. Le tariffe ferroviarie sono vantaggiose, addirittura migliora il comfort: dal 1956 i più poveri possono viaggiare in 2° classe allo stesso prezzo della 3° che proprio quell’anno viene abolita. Inoltre tra il ’56 e il ’57 sono introdotte le carrozze con cuccette notte, a 4 o a 6 posti, più economiche delle vetture letto. Come dichiara un capostazione di Siracusa, intervistato per la rivista Voci della rotaia nel 1965, «la Ferrovia per loro è davvero importante perché non potrebbero permettersi di viaggiare con altri mezzi. Per questa ragione l’Azienda concede loro particolari agevolazioni tariffarie: così gli emigranti possono tornare di tanto in tanto nei loro centri d’origine e le famiglie possono raggiungerli con una spesa relativamente modesta».

 

Per gli emigrati non è tutto rose e fiori. L’arrivo improvviso e massiccio di “stranieri” alimenta il pregiudizio nei confronti dei meridionali. Inoltre, molti di loro vivono in una sorta di clandestinità, non comunicando alle autorità il cambio di residenza. La migrazione vista a bordo, infatti, non è solo dal sud al nord, ma anche dalla campagna alla città e solo nel 1961 viene abrogata la legge fascista 6/7/1939, nota come legge contro le migrazioni interne e l’urbanesimo, che impediva la concentrazione nelle aree urbane. Il pericolo di essere scoperti, però, nulla poteva rispetto alla necessità di lasciarsi alle spalle fame e miseria. Il treno ormai era partito e non si poteva scendere.

 

All’orizzonte si scorge un boom economico che viaggia a braccetto di una rivoluzione sociale. Le città sono stravolte: tra il 1951 e il 1962 la popolazione di Torino passa da 725mila a un 1.116.000 abitanti, di cui circa la metà proviene dal Mezzogiorno. Si iniziano a costruire enormi periferie dormitorio da cui le famiglie si spostano per raggiungere il lavoro, accrescendo la domanda di mezzi pubblici e dando vita al fenomeno del pendolarismo. Cambia lo status occupazionale degli italiani: nel 1951 i lavoratori in ambito agricolo erano il 43,9% degli occupati, nel 1970 si riducono al 18,9%; quelli impiegati nel settore industriale passano invece dal 29,5% al 42,5%. Nelle fabbriche si vedono sempre più operaie, un punto di svolta per il ruolo della donna nella società. In casa fanno il loro ingresso elettrodomestici come televisori, lavatrici e frigoriferi. Cambia l’economia, cambia, la vita, cambia la società.

Il Treno del Sole fa tappa anche nel mondo della cultura popolare. Nel 1967 Sergio Endrigo pubblica un 45 giri che riporta sul lato A il brano La donna del Sud, testo scritto da Bruno Lauzi: «Una donna di nome Maria/È arrivata stanotte dal Sud/È arrivata col treno del sole/Ma ha portato qualcosa di più./Ha portato due labbra di corallo/E i suoi occhi son grandi così,/Mai nessuno che l'abbia baciata/A nessuno ha mai detto di sì». Sul lato B, invece, Endrigo prosegue la storia con un proprio testo, Il treno che viene dal Sud: «Il treno che viene dal sud/Non porta soltanto Marie/Con le labbra di corallo/E gli occhi grandi così/Porta gente nata tra gli ulivi/Porta gente che va a scordare il sole/…/Dal treno che viene dal sud/Discendono uomini cupi/Che hanno in tasca la speranza/Ma in cuore sentono che/.../Questa nuova grande società/Non si farà».

 

Al di là di quel che riteneva Endrigo, la società che il Treno del Sole ha contribuito a creare e ha accompagnato nel corso dei decenni è stata sicuramente nuova e grande. Ha messo in movimento un cospicuo numero di italiani in quasi 60 anni di onorata carriera, fino a quando Ferrovie dello Stato non ha decretato la (provvisoria) fine del suo servizio. Nel saggio Le ferrovie, edito da Il Mulino, lo storico Stefano Maggi inserisce la decisione in un contesto caratterizzato «dalla mancata percezione di sicurezza nelle stazioni e nelle vetture […] dei treni della notte, quei lunghi convogli che collegavano il meridione e il settentrione». E dal sorgere di nuove forme di mobilità: «Dagli anni ’90 si assisteva a una continua proliferazione dei bus in servizio tra sud e nord, accompagnata dalla crescita dei voli low cost […] il servizio dei treni notte veniva ridimensionato al ribasso […] e nel dicembre 2011 terminava il servizio dopo 57 anni il “Treno del Sole” da Torino per Palermo e Siracusa».

 

La cronaca di quell’11 dicembre, oggi quasi nostalgica, la scrive in quel giorno stesso Laura Anello per il quotidiano La Stampa. Tra le descrizioni dei vari passeggeri ce n’è una che, alla vigilia del viaggio diretto di un Frecciarossa sulla Torino-Reggio Calabria, assume una luce diversa: «C’è una signora distinta, aria professorale, zaino da viaggiatrice spiccia. Si chiama Nicolina Malara, calabrese di nascita, ordinario di Matematica all’Università di Modena e Reggio Emilia, figli poliglotti, cittadina del mondo. “Sono arrivata ieri sera da Bologna – racconta – adesso riparto per Torino. Se l’avessi dovuto fare in aereo, ci avrei messo due giorni che non mi potevo permettere. Il treno non è un mezzo lento, fa risparmiare tempo, perché parte dal centro città, non richiede spostamenti intermedi, consente di produrre, di leggere, di lavorare a bordo. L’aereo, oltretutto, ha consumi di carburante spaventosi, non è affatto il mezzo del futuro”».

 

Ora il futuro riprende a correre, di nuovo sui binari, a bordo di un Frecciarossa.