C’è anche il settore delle infrastrutture al centro della rivoluzione digitale in corso, con una sempre maggiore rilevanza assunta dallo sviluppo dell’intelligenza artificiale (IA) . Lo sa bene il Gruppo Fs che nell’ultimo piano industriale da oltre 190 miliardi di euro, ha inserito proprio l’IA tra le risorse tecnologiche abilitanti di un processo chiamato nei prossimi dieci anni a ridefinire la mobilità in un senso sempre più sostenibile

Proprio di digitalizzazione e infrastrutture si è parlato nell’ambito degli Stati Generali dell’Intelligenza Artificiale, evento di tre giorni organizzato a Milano da Class Editori. Ad intervenire nell'iniziativa per il Gruppo FS è stato Roberto Tundo, Chief Technology, Innovation & Digital Officer che ha sottolineato l’importanza di “costruire infrastrutture nativamente digitali, disegnate e sviluppate in modo da ricevere e trasmettere continuamente dati, rielaborati poi da algoritmi di intelligenza aumentata e artificiale che consentono di seguire costantemente la vita dell’infrastruttura e quindi la sua manutenzione”.

Giù dalla fase di progettazione, infatti, oggi le infrastrutture della mobilità sono realizzata con l’ausilio di software come quello del Building Information Modeling (BIM), alla base del disegno dei digital twin, i gemelli digitali delle opere che aiutano il loro controllo e la loro manutenzione.  

“L’intelligenza artificiale applicata alle infrastrutture si basa su algoritmi che facilitano le opere a adattarsi alle varie condizioni di impiego e a dialogare con i suoi utilizzatori (pensiamo al dialogo binario-treno nel caso ferroviario)”, ha spiegato nel suo intervento Tundo. “Tutto questo permette di avere infrastrutture intelligenti che sanno inviare messaggi e segnalazioni, indispensabili per intervenire in tempo in caso di necessità”.

Sono i dati, dunque, l'elemento centrale dei processi ingegneristici e di costruzione delle infrastrutture ed è per questo che, come auspicato sempre da Roberto Tundo è indispensabile avere informazioni sempre più comuni e condivise anche tra paesi diversi. Dati, dunque, che parlino lo stesso linguaggio per infrastrutture ormai integrate. Il modello, ha concluso Tundo, “è quanto fatto dall’Unione Europea con i Common European Data Spaces, spazi di condivisione di dati a livello transnazionale applicati a campi come quelli della medicina e della finanza”.