In cover Illustrazione per la rassegna Verdi Off, «Non son più re, son Dio!» (Nabucco, parte II) © Davide Forleo

«Nel Requiem di Verdi ci sono tutte le ansie dell’uomo, anche quelle attuali, legate al Covid-19». Sul valore artistico e umano delle composizioni verdiane parliamo con Roberto Abbado, direttore musicale del Festival Verdi di Parma. È lui a guidarci nel programma di questo anno particolare. Un cartellone modificato per rispettare le norme di sicurezza derivate dall’emergenza virus.

 

Visto che lo spunto sul Requiem è molto interessante, ci facciamo spiegare come Abbado legge la Messa composta da Giuseppe Verdi nel 1874. Il Maestro la dirige il 18 e il 20 settembre nel Parco Ducale, sul podio della Filarmonica Arturo Toscanini e del Coro del Teatro Regio di Parma, come solisti il soprano Eleonora Buratto, il mezzosoprano Ksenia Dudnikova, il tenore Giorgio Berrugi e il basso Michele Pertusi.

Dice il direttore d’orchestra: «Verdi è così popolare perché la dimensione umana della sua musica è talmente universale che rappresenta molto bene sentimenti, emozioni, ideali della sua epoca che sono poi passati di generazione in generazione fino a oggi e che ci appartengono. Nel Requiem il rapporto tra uomo e Dio è strettissimo, anche se Verdi non era un cattolico praticante. Era un uomo che non aveva paura di mostrare il suo terrore per l’idea della morte. Tutte le sue domande su Dio, sulla salvezza, sull’eterno riposo sono valide ancora oggi. Io vi leggo un rapporto tra l’uomo e un Essere che è quasi come uno di noi, ma immenso, con un potere che noi non abbiamo, a cui ci rivolgiamo quando preghiamo come se ci rivolgessimo a un altro essere umano. Il problema è che questo Dio, nel Requiem, risponde senza pietà nei nostri confronti. Risponde sempre con accordi violentissimi, quelli del Dies Irae, uno dei momenti più celebri del repertorio verdiano. È come se non ascoltasse le nostre suppliche. Il soprano nell’ultimo movimento presenta tre volte l’implorazione a Dio per essere liberata dalla morte eterna: la prima volta drammaticamente; la seconda la urla; la terza, ormai svuotata, la sussurra senza più speranze. Infatti la Messa si chiude con accordi molto lenti, che non danno alcuna risposta. Il compositore termina con un punto interrogativo: Verdi non sapeva. È una conclusione pessimistica, ma molto umana».

Il Requiem, come quasi tutte le rappresentazioni del Festival Verdi, sarà eseguito all’aperto. «Era in programma al Teatro Regio, ma è stato spostato. Non l’ho mai diretto all’aperto», riprende Abbado, «ma dobbiamo fare di necessità virtù. Dobbiamo fare molto bene in un periodo difficile e nelle condizioni possibili. Eseguire e ascoltare musica classica all’aperto significa correre il rischio di perdere una quantità di sottigliezze e sfumature, ma abbiamo un’amplificazione di qualità molto elevata per garantire un buon ascolto».

Roberto Abbado © Yasuko Kageyama/Teatro dell'Opera di Roma

Molte altre opere del festival sono sotto le stelle: inaugurazione venerdì 11 settembre e replica il 13 al Parco Ducale con Macbeth, derivata dalla tragedia di Shakespeare in cui la spietata lotta per il potere si mischia come in una fiaba oscura con il soprannaturale, l’amore malato e la follia. L’opera sarà presentata in forma di concerto nella versione di Parigi, portata a compimento da Verdi nel 1865, che per la prima volta viene ripresa in lingua francese. Abbado dirige la Filarmonica Arturo Toscanini e il Coro del Teatro Regio di Parma. Nel cast Ludovic Tézier (Macbeth), Davinia Rodriguez (Lady Macbeth), Riccardo Zanellato (Banquo), Giorgio Berrugi (Macduf).

«La seconda versione è quella che si rappresenta quasi sempre, ma la differenza è che la facciamo in lingua francese, in originale», aggiunge Abbado. «È una delle ragioni di esistenza della rassegna. Verdi è il compositore più ampiamente rappresentato nei teatri di tutto il mondo: ovunque ormai si può assistere non solo alle sue opere più conosciute, ma anche alle meno note. A Parma dobbiamo contribuire a farlo conoscere nella sua totalità e quindi con tutti quei lavori che normalmente non si eseguono negli altri teatri, proprio come il Macbeth originale francese».

 

Maestro, chiedo, come la mettete con la fama di malaugurio che ha questa tragedia? «È per i teatranti», risponde con un sorriso. «Sul palco gli attori di lingua inglese neanche la nominano e la chiamano “The Scottish Play”. Nel mondo dell’opera per fortuna non ha questa fama: ne abbiamo altre con una cattiva reputazione, ma adesso non le menzioniamo», conclude.

Il secondo titolo operistico in programma è Ernani, anch’esso eseguito in forma di concerto al Parco Ducale. È in cartellone il 25 e 27 settembre con la direzione di Michele Mariotti, al suo debutto con questo testo, sul podio della Filarmonica Arturo Toscanini e del Coro del Teatro Regio di Parma. Tra gli interpreti Piero Pretti (Ernani), Amartuvshin Enkhbat (Don Carlo) ed Eleonora Buratto (Elvira).

 

Caravan verdiano, Verdi sotto casa e Cantastorie verdiani sono altre iniziative del festival che fanno uscire la musica dal palcoscenico per portarla nei luoghi cittadini della vita di tutti i giorni. «Verdi sarebbe felice di vedere che ci sono anche tante manifestazioni per avvicinare la gente e far godere tutti del suo lascito artistico di tanti anni fa», esclama il Maestro.

Altri spunti dal programma: il 2 ottobre Valerij Gergiev torna a dirigere a Parma un concerto sinfonico. La manifestazione si conclude il 10 ottobre, per il 207esimo compleanno di Verdi, con un gala al Teatro Regio: il baritono Luca Salsi propone romanze e arie.

 

Saremo già in autunno, in attesa di una nuova stagione musicale dalle molte incognite. «Nessuno può sapere come andrà il futuro, ma finora l’Italia ha reagito molto bene, con una programmazione musicale estiva molto ricca», conclude Abbado. «La crisi dovuta al Covid-19 è stata affrontata con grande coraggio, velocità di reazione e flessibilità. Doti che in questo periodo sono venute fuori molto bene. L’estro nazionale ha dato il meglio di sé, lo voglio ricordare mentre parliamo di Verdi, il compositore che meglio rappresenta l’animo degli italiani».

 

Articolo tratto da La Freccia di settembre 2020

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