La tradizione vinicola italiana, a volte, è capace di osare e individuare abbinamenti vino-cibo che consentono di compiere nuove esperienze. Nella storia gastronomica recente vi sono stati alcune scelte di questo tipo, volte a provare sapori diversi, ribaltando alcune cosiddette regole degli abbinamenti più scontati. Un tempo le scelte erano obbligatorie: vino bianco e pesce, carni rosse e vini rossi corposi, per non dire del servire bollicine con i dessert, addirittura con torte alla panna montata. Oggi le intelligenze gastronomiche ed enologiche hanno superato questa “empasse” aprendo ad una maggiore libertà. Cominciarono i francesi negli anni ‘80 , proponendo “Beaujolais nel secchiello del ghiaccio” abbinato al “Plateau des Coquillages” (frutti di mare), non da meno i romagnoli che bevono Lambrusco freddo con il “Fritto di paranza dell’Adriatico”.

Giungiamo così all’abbinamento insolito, ma molto efficace, che vi suggeriamo oggi. Quello scelto dalla cantina Villa Saletta, storica tenuta a Palaia, situata tra Pisa, Firenze e Siena, per presentare a Milano le nuove annate dei suoi vini. Il Chianti Superiore, il Chiave di Saletta e il Saletta Riccardi, tutti annata 2016, sono stati abbinati ai piatti dell’alta cucina giapponese del ristorante Iyo Experience, una stella Michelin, guidata dallo chef Giampiero Brotzu, con la collaborazione del sous chef Katsumi Soga e del pastry chef Luca De Santi. La selezione di “Nigiri” giapponesi o il “Carpaccio di manzo shabu shabu” hanno esaltato le note rotonde e il carattere del Cabernet Sauvignon e del Sangiovese, creando una vera novità.

Dal menu il “Carpaccio di manzo scottato in salsa suyaki, finferli glassati alla soia, cardoncelli in agrodolce e orzo soffiato” forma una coppia perfetta con il Chiave di Saletta 2016, elegante di gran carattere. Il Villa Saletta 980AD 2016, fiore all’occhiello dell’azienda vinicola ha fatto pairing con Il “Secreto di maialino iberico glassato alla soia, patate montate, pecorino arrostito”. Una ricerca della purezza del Sangiovese e dei vitigni autoctoni è quella che si compie nella tenuta in Toscana, 720 ettari di cui 40 vitati, gestita dall’enologo e direttore generale David Landini e di proprietà della famiglia inglese Hands, che la acquistò, all’inizio degli anni 2000, dalla storica famiglia fiorentina dei banchieri Riccardi.

“Il lavoro che stiamo facendo è sui grandi volumi che abbiamo portato ai mille ettolitri - spiega Landini - e da business plan vorremmo arrivare a 200 mila bottiglie, mantenendo la massima qualità, da sempre nostra linea guida”. Il progetto di Villa Saletta è stato esteso anche alle produzioni agricole privilegiando la biodiversità, con orzo, erba medica, pioppicoltura, tartufaie e ulivi. La proprietà ha inoltre avviato la ristrutturazione dell’antico borgo medioevale che diventerà un relais di lusso.