In cover Stivali Italia (1986), Cinzia Ruggeri

L’arte italiana vuol esserci. E vuol vivere il suo tempo con visioni che possono, in questi mesi difficili, regalare nutrimento anche allo spirito. La Quadriennale 2020 invade Palazzo delle Esposizioni di Roma, fino al 17 gennaio 2021, con la mostra Fuori pensata e curata da Sarah Cosulich e Stefano Collicelli Cagol.

Fiori e fragole giganti, disegni minuti, sculture colorate o appese, fotografie impattanti, video immersivi proiettano in immaginari inattesi e conducono in un viaggio inaspettato nella creatività italiana.

«Una mostra preziosa», la definisce Cesare Pietroiusti, presidente del Palazzo delle Esposizioni, «che mette insieme l’intelligenza di una visione e il rigore curatoriale con degli aspetti che hanno a che fare con la dimensione del senso dal punto di vista del corpo, del desiderio, anche dell’ossessione. Un progetto importante che tiene insieme generazioni diverse di artisti, da Chiari ai giovanissimi, e fa dialogare l’arte visiva con la danza, la musica, il teatro, il cinema. Entrare in Quadriennale, poi - prosegue Pietroiusti - garantisce una visione ampia non solo in termini di distanziamento fisico a fini sanitari ma anche e soprattutto in termini di vastità di vedute».

La sensazione, aggirandosi tra le tante e innovative opere è quella di respirare, in un momento in cui si ha paura di farlo.

«È un invito a uscire dagli schemi, ad assumere una posizione eccentrica – fuori dal centro – adottando uno sguardo obliquo, di mutua relazione con l’altro da sé. Fuori di testa, moda, tempo, fuori scala, fuori gioco, fuori tutto…», precisano Sarah Cosulich e Stefano Collicelli Cagol in questa lunga intervista.

Ci spiegate che cos’è la Quadriennale d’arte?

Nata nel 1927, è l’unica istituzione nazionale che ha come missione esclusiva il compito di indagare, mappare, promuovere l’arte contemporanea italiana e proiettarla sul piano internazionale. Sin dagli esordi diviene la più importante manifestazione a livello nazionale e ora conta 16 edizioni e oltre seimila artisti coinvolti.

 

Siete co-curatori della rassegna 2020, che non arriva per caso ma è frutto di un triennio di lavoro. Raccontateci il prologo.

Dal 2018 a oggi abbiamo sviluppato due progetti di ricerca per conoscere i giovani artisti e i curatori italiani e capire cosa guardano le istituzioni straniere dell’arte nel nostro Paese. È paradossale che il riconoscimento nazionale avvenga spesso grazie a opportunità espositive di prestigio oltreconfine. Abbiamo pensato servisse monitorare quanto si mostra fuori dall’Italia ma anche investire maggiormente nella conoscenza e valorizzazione dei talenti all’interno del nostro territorio. Ci siamo dunque messi in gioco con l’obiettivo di offrire opportunità e visibilità ai nuovi linguaggi del presente.

Dafne Boggeri, Training Coincidence (2017), Courtesy l’artista

Fuori è il titolo simbolico, chiaro e diretto che avete scelto per l’allestimento. Che cosa significa per voi?

Durante la quarantena di marzo e aprile ci siamo sentiti spinti a pensare al fuori come una dimensione fisica a cui tendere. Ci è apparso come mantra perfetto da invocare anche rispetto alle ricerche sviluppate per la Quadriennale d’arte 2020, come il fatto che molti artisti attivi dagli anni ‘70 non fossero riconosciuti proprio per il loro essere oltre ed esterni alle classiche categorie di disciplina, di genere e di medium. Moda, design, teatro, danza, architettura, cinema sono sempre stati ambiti di grande interesse per i linguaggi visivi, come ci dimostrano gli artisti mid-career e i giovani presenti in mostra. Inoltre, con la sua voglia di rompere gli schemi, il titolo ben si relaziona agli ambiti di ricerca affrontati da questa edizione: il potere (simboleggiato dalla metafora del palazzo), il desiderio erotico e l’incommensurabilità (il fuori misura).

 

Con quale criterio, considerazione o gusto avete selezionato i 43 artisti presenti?

Il filo conduttore della nostra curatelia è quello di unire e mettere in relazione i talenti scelti. Non è una rassegna, non è omnicomprensiva e non è una somma di nomi. L’idea è quella di condurre il visitatore attraverso un percorso. La selezione è il frutto di modalità diverse di analisi avvenute in questi tre anni: i workshop dedicati ai giovani ci hanno permesso di vedere tanti portfolio, ma anche incrociare le nostre conoscenze con mostre, studio visit, riviste, pubblicazioni e tante conversazioni hanno esteso ulteriormente il campo.

Abbiamo privilegiato giovani che crediamo siano nel momento giusto per condividere i loro immaginari in un evento come questo e, al tempo stesso, abbiamo scavato nel passato, individuando tra le altre generazioni figure d’avanguardia non sempre molto conosciute e particolarmente forti da leggere in relazione al presente. Infine, abbiamo voluto inscrivere nella storia dell’istituzione alcuni nomi già affermati che ancora non avevano mai preso parte a questa manifestazione, in modo da rendere completo l’affresco dell’arte italiana nel suo farsi, dal 1931 in avanti. Ci saranno delle sorprese che faranno ripensare a cos’è l’arte contemporanea oggi.

 

Roma, la Quadriennale e Palazzo delle Esposizioni. Un sodalizio che dura nel tempo.

L’istituzione, con la missione di promuovere l’arte italiana, nasce in anni cruciali per la storia del Paese, durante i quali si formano importanti personalità e fermenti culturali destinati a fiorire nel dopoguerra. Si tratta di un’eredità e una responsabilità che abbiamo sentito. Il privilegio di lavorare per ente così ci ha portato a volerci relazionare con questo importante passato e a tematizzarlo. Agli allestimenti delle mostre Quadriennali degli anni ’30 che negavano le architetture di Palazzo delle Esposizioni rispondiamo anche con un elegante intervento allestitivo pensato per ridimensionare la monumentalità della sede espositiva, senza però celarla.

 

Il vostro progetto che immagine vuole offrire al nostro Paese e all’estero?

[Sarah Cosulich] Vuole comunicare che l’arte italiana non è fatta solo da poche personalità conosciute a livello internazionale ma da un complesso mondo di stimoli, prospettive e immaginari destabilizzanti che vanno narrati. Un’immagine legata all’oggi, che parli dell’Italia in ottica globale. Il respiro, così simbolico alla luce dei recenti eventi, è toccato in modo casuale da alcuni lavori esposti, come a cogliere inaspettatamente l’aria del tempo.

[Stefano Collicelli Cagol] Vuole offrire un’immagine in grado di confermare e al tempo stesso stupire. Per esempio sarà riletto il lavoro di molti artisti alla luce del glamour e dell’eleganza imputata in tutto il mondo al made in Italy. Affrontando questioni globali come ecologia e sostenibilità, identità sessuale, desiderio erotico, fino alla ricerca dell’incommensurabile.

 

Occhi puntati sui giovani che oggi sono quelli più in difficoltà. Quanto spazio hanno?

In particolare in Italia, patiscono le difficoltà economiche e strutturali del sistema e hanno poche occasioni di visibilità. Per noi rappresentano il centro della nostra attività e delle tante iniziative realizzate con la Quadriennale. Siamo felici di poter incontrare una generazione ricca di energie e visioni che sarà destinata a crescere nei prossimi anni.

 

Il Covid-19 come ha cambiato e cambierà i contenuti e l’approccio alla ricerca espressiva?

È ancora troppo presto per capire quali saranno le conseguenze di questo periodo sull’arte e sulle immagini prodotte, anche se sicuramente c’è stata una reazione. La pandemia esiste nel nostro presente, nella consapevolezza degli artisti così come in quella dei visitatori, ma non è il tema principale della mostra. I progetti raccontano 60 anni di creatività italiana visti attraverso uno sguardo immerso nella complessità del mondo in cui viviamo.

 

Col supporto degli archivi, avete tracciato un racconto sull’evoluzione dei linguaggi dagli anni ’60 a oggi. Un episodio storico che vi ha colpito?

[SC] La coreografa e artista Simone Forti lascia l’Italia da piccola con i genitori, durante le leggi razziali, con la scusa di una vacanza sciistica. Grazie a questa fuga si salva e diviene americana tornando in Italia per portare il meglio della ricerca multidisciplinare e d’avanguardia. Lisetta Carmi, invece, è obbligata a interrompere gli studi e a emigrare in Svizzera, quando rientra svolge il suo lavoro fotografico rivoluzionario da autodidatta.

[SCC] Corrado Cagli, pittore magnificato alla seconda Quadriennale del 1935, con quattro tele presentate nella rotonda d’onore viene escluso dalla terza edizione nel 1939, a causa delle leggi razziali. Se un Paese volge le spalle ai propri talenti e ai concittadini resta una macchia indelebile nella storia culturale.

 

La domanda delle domande. A cosa e a chi serve l’arte?

[SC] A ricordarci l’importanza di essere e guardare Fuori.

[SCC] A ricordarci l’importanza di pensare Fuori (dagli schemi).

Simone Forti, Zuma News (2014), Courtesy l’artista

The BOX, Los Angeles; Galleria Raffaella Cortese, Milano

 

Articolo tratto da La Freccia