Venezia è una città stremata, colpita prima dall’alluvione di novembre 2019 e ora da un’epidemia che ha stravolto tutto. Stremata, come il suo sindaco Luigi Brugnaro, stanco, senza dubbio, ma sempre in prima linea per affrontare i problemi. «C’è stato un cambiamento epocale, siamo passati dalle folle per il Carnevale al vuoto assoluto. Ora resistiamo, però non so quanto potremo andare avanti così. Lanciamo un grido d’aiuto, con grande umiltà, per far fronte a una mancanza nel bilancio di oltre 110 milioni di euro».

Photo Renato Greco

Qual è l’episodio che le è rimasto più impresso di questo periodo?

Ce ne sono veramente tanti, ma tutti legati dal grande senso di comunità che si è sviluppato naturalmente tra di noi quando abbiamo iniziato ad avere notizia di decessi, contagi e rischi di implosione per la struttura sanitaria. Si è diffusa la paura nella gente, ma dando notizie positive abbiamo evitato che si trasformasse in panico.

 

Com’è cambiato il rapporto con i cittadini?

Il Comune è diventato ancora di più un riferimento per le persone, per esprimere sensazioni, angosce, paure. Abbiamo messo a disposizione un numero unico, già testato con l’alluvione, e realizzato una Smart Control Room, una centrale operativa per le attività quotidiane. E, grazie alle nuove tecnologie, aggiorno la cittadinanza con dirette ogni pomeriggio. È in questi momenti che si vede una comunità forte, che sa reagire con compostezza, dignità e rispetto delle regole. Abbiamo lavorato come una squadra, con Governo, Regione, sindaci della Città metropolitana, autorità sanitarie, forze dell’ordine, Protezione civile, commercianti, associazioni, volontari. Relazioni che si sono rafforzate, come accadde secoli fa con la peste. I veneziani costruirono la Basilica della Madonna della Salute per ringraziarla della salvezza da quella tragedia. Sono andato anche lì, a chiedere alla Madonna di essere aiutati.

 

Cosa le resta di quest’esperienza?

La necessità di ripartire dai nostri limiti ma anche dall’umiltà, dal coraggio, dai valori profondi delle persone e, in particolare, dei giovani. Ho nel cuore un episodio, un gesto di coraggio simbolico: tramite la mamma, sono stato contattato da un bambino che voleva darmi i suoi risparmi, 23 euro, per donarli a medici e infermieri. Poiché c’era il blocco per tutti, ho mandato la Polizia locale a ritirarli a casa e li ho consegnati al direttore della Asl.

Video courtesy Marco Sabadin/Vision Venezia

Come cambierà il futuro della città?

Stiamo immaginando una ripartenza molto local per riscoprire le tradizioni, con un progetto per le spiagge e l’idea di una mobilità sostenibile. Bisogna portare la gente a vivere di nuovo in centro e a riprendere in mano attività lavorative legate alla tradizione e all’artigianato. Dovremo affrontare nodi legislativi nazionali mai risolti prima, come il finanziamento della Legge Speciale per Venezia del 1973.

 

Quali iniziative intende attuare per ripartire nei vari settori della vita cittadina?

Abbiamo rinviato tutti i pagamenti delle tasse locali per le aziende. Credo che non sarà sufficiente, ma questo è ciò che possiamo fare. L’obiettivo è far ripartire le filiere produttive rimaste ferme, come quella della moda, e sostenere le altre già attive, come quelle agroalimentari e sanitarie. Daremo una nuova organizzazione al trasporto, anche via mare, che non potrà essere al livello di prima: i servizi pubblici erano sostenuti soprattutto dagli introiti turistici.

 

Quali proposte state studiando per favorire il turismo?

I flussi avranno un carattere più nazionale e il Gruppo FS Italiane saprà darci una mano con i suoi treni. Riapriremo gradualmente i musei e cercheremo di organizzare la Biennale del Cinema e dell’Architettura. Gli ingressi internazionali torneranno, ma gli aerei saranno fermi per i prossimi mesi. A Venezia il turismo ha un impatto pesantissimo su tutta la filiera produttiva e questo è un problema che si protrarrà a lungo. Lavoriamo con un turismo d’élite internazionale composto da americani, arabi, russi, persone che acquistano il made in Italy aiutando le nostre industrie e l’export. Con una pandemia mondiale è difficile immaginare che ritornino a breve. Spero che il Governo accolga i provvedimenti che abbiamo chiesto, specifici per la nostra realtà. Venezia non è una città tra le tante, è sempre stata un termometro della qualità, del nostro rapporto con l’industria turistica del mondo. È il top che serve a far sì che la scelta sia l’Italia e non altre mete. Se perdi Venezia, perdi un pezzo importante del sistema Paese.

 

Cosa non vede l’ora di fare non appena fuori dall’emergenza?

Andrò a ringraziare quella Madonna a cui ho fatto una richiesta e una promessa. Poi mi prenderò qualche giorno di riposo con i miei bambini, che ormai vedo pochissimo. Spero di poter andare in barca con la mia famiglia e fare un tuffo in mezzo al mare.