Dallo scavare tra cumuli di macerie per rintracciare, disseppellire e rianimare ogni minimo alito di vita al bombardare paesi e città, far strage dei loro abitanti, infierire sul nemico. Tutto negli stessi giorni, alla distanza che separa le terre dilaniate dal terremoto, in Turchia e Siria, da quelle insanguinate dalla guerra, in Ucraina. Ecco, è questa l’icastica rappresentazione dei picchi di altruismo e degli abissi di brutalità di cui siamo capaci. 

Anche quando condividiamo lingua, storia e cultura. Se non addirittura valori morali e principi di un’identica matrice religiosa. Ma, del resto, la storia è piena di esempi simili. Sembra davvero che il tempo sia reversibile, come diceva Eugenio Montale, e che «passato e futuro» siano distanti «appena un milionesimo di attimo fra loro». Eppure, lo scrive il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano su questo numero della Freccia, citando Benedetto Croce, la storia deve fornirci «gli strumenti per interpretare la realtà contemporanea». E dovrebbe insegnarci qualcosa. Soprattutto in un continente dove l’ancor fresca memoria di due guerre mondiali, del genocidio di interi popoli e della Shoah rappresenta un monito a non fare più agli altri quel che non vorremmo fosse fatto a noi, a ripudiare la guerra, insieme a ogni rigurgito di disumanità.  E a non restare indifferenti e assuefatti al male. Invece, no. Il male appare inestirpabile dal mondo e dall’animo umano, dove sublime e orrifico continuano a intrecciarsi. Occorre quindi fermarsi e lottare con noi stessi perché, con le parole dell’Ulisse dantesco, emerga quella «semenza» che ci distingue dai bruti per condurci a «seguir virtute e canoscenza». 

Ecco, ci sono voci che, di tanto in tanto, ci indicano la strada, elevandosi su tutti e su tutto. Una, nitida, ferma, ieratica, è quella della senatrice a vita Liliana Segre che abbiamo rilanciato su questo numero. Nell’inaugurare un totem multimediale a Milano Centrale, voluto per informare sul Memoriale della Shoah che ha sede sotto il binario 21 della stazione, ha ricordato ai presenti il giorno della liberazione, inaspettata, dal giogo dei suoi carnefici.  E ha contrapposto al dolore irrisarcibile e indelebile un’immagine felice, un ricordo «in technicolor». Quello dei volti abbronzati e sorridenti di giovani militari statunitensi che dai camion gettavano a tutti «frutta secca, sigarette, scatolette». Una raffigurazione radiosa della pace, della gioia, della libertà che sconfigge la morte. Portiamoci come compagna di viaggio questa immagine, solare e positiva. Il flashback felice di una bambina diventata nonna, salda roccia riemersa da indicibili orrori di cui si fa testimone, avendole la fortuna concesso di sopravvivere all’Olocausto, e provare quello che ad altri è stato negato: la ricca trama di sentimenti ed emozioni di una vita, vissuta fino al suo naturale compimento. 

Quell’immagine sia ben più di un amuleto, anche nel più prosaico viaggio del nostro magazine che a marzo, toccando la martoriata Ucraina dei ferrovieri iron people, con un’intervista all’ex presidente delle ferrovie ucraine, vi condurrà ancora una volta a scoprire tanti piccoli gioielli di quello che è, e deve restare, il nostro Belpaese, da amare, difendere e valorizzare. In copertina il volto scanzonato di Fiorello. Tra le sue mani una palla di giornali. Un mondo di notizie, talvolta frivole, talvolta tragiche che compongono il puzzle delle nostre vite, e raccontano di noi. Comunque, effimeri.