Sono trascorsi tre anni da quel 21 febbraio 2020 quando, dopo il caso dei due turisti cinesi ricoverati allo Spallanzani di Roma, l’identificazione di un primo paziente italiano colpito dal Covid-19 ci ha fatto precipitare per mesi e mesi nell’incubo della pandemia. E un anno fa, il 24 febbraio 2022, i media hanno iniziato a sbatterci in faccia gli orrori della guerra in Ucraina, trafiggendo le nostre coscienze con immagini di morte, distruzione, sofferenza fisica e psicologica, abbrutimento morale. Verrebbe da dire, come il titolo della poesia di Salvatore Quasimodo Thanatos Athanatos, morte immortale. Che sia per mano di un’ignota malattia e del destino, o per mano dell’irredimibile Caino. «Hai ucciso ancora / come sempre, come uccisero i padri [...] / E questo sangue odora come nel giorno / quando il fratello disse all’altro fratello: / “Andiamo ai campi”». Ma, sempre prendendo in prestito le parole di Quasimodo, non dobbiamo «consentire alla morte» di scrivere su ogni tomba questa «sola nostra certezza», perché «la vita non è sogno». È tutt’altro, è sostanza, seppure finita, effimera. E insieme all’abiezione e alla violenza, che può rendere afona persino la voce dei poeti («E come potevamo noi cantare [...] fra i morti abbandonati nelle piazze [...] al lamento d’agnello dei fanciulli, all’urlo nero / della madre che andava incontro al figlio / crocifisso sul palo del telegrafo?»), convivono la solidarietà, l’altruismo, la ricerca del bene e del bello. E, perché no, del piacevole e del divertente. E a chi scrive e racconta compete tenerne conto. Narrare l’alternarsi e integrarsi di leggerezza e gravità, coraggio e codardia, sacralità e depravazione, sublime e orrido.

Su questo numero de La Freccia abbiamo voluto ricordare i 12 mesi di combattimenti in Ucraina, la resilienza della sua popolazione, il sostegno e il conforto recato dalle organizzazioni umanitarie a chi fugge e a chi convive con la guerra.  Ma,  nelle  stesse  pagine,  raccontiamo il  carnevale e il suo spensierato impazzire, la bellezza delle cime innevate del nostro Paese, a nord e nel sud Italia, i piaceri della gola, il godimento culturale ed estetico di  fronte a opere dell’umano  ingegno, riscoperte dopo duemila anni in un bagno termale, com’è accaduto a San Casciano dei Bagni, o create da artisti contemporanei ed esposte in musei modello, come quello di Termoli, o da artisti poliedrici come Bob Dylan, i cui dipinti sono in mostra al MAXXI di Roma. 

E poi la bellezza urbanistica, la storia e la civiltà antica dei nostri borghi spopolati, fotografati e raccontati alla Galleria civica di Trento oppure da visitare, raggiungendo Vico del Gargano in Puglia o Longobardi in Calabria. Ecco, raccontiamo tutto questo e altro ancora non solo perché è il nostro lavoro, ma perché viaggiare e conoscere, ascoltare musica, assistere a uno spettacolo, incontrarsi e scoprire sono tutti antidoti a un pessimismo che a niente e a nessuno giova.  Soprattutto quando pandemie e tragedie belliche ci invitano a far nostra l’antica sapienza del carpe diem. «Chi vuol esser lieto sia»... e di persone, luoghi e cose da amare, apprezzare e di cui godere ne abbiamo. Come se ne abbiamo!­

Articolo tratto da La Freccia.