Incontriamo Fabio Tamburini, direttore, dal settembre 2018, del Sole 24 Ore e delle altre testate del Gruppo 24 Ore. Giornalista economico di lungo corso, vicedirettore di MF Milano Finanza e dell’agenzia Ansa, nonché già direttore, per tre anni, di Radio 24 e Radiocor, Tamburini ha scritto da inviato e, in alcuni casi, da caporedattore, per Espansione, Repubblica, Il Mondo e lo stesso Sole 24 Ore. Ed è autore di alcuni libri dedicati proprio al mondo della finanza e della Borsa. Tra questi Un siciliano a Milano, biografia del banchiere Enrico Cuccia, fondatore di Mediobanca e figura centrale della storia economica, finanziaria e politica del nostro Paese, e Misteri d'Italia, il libro-intervista ad Aldo Ravelli, per mezzo secolo protagonista di Piazza Affari.

 

Fabio, possono i temi del Sole 24 Ore chiamano necessariamente alla seriosità oppure possono essere trattati anche con leggerezza?
Occupandoci di economia e finanza, la specifica missione editoriale del Gruppo 24 Ore è quella di farsi capire da una cerchia ben più ampia di quella costituita da chi mastica già certi temi per motivi professionali. Quindi il tentativo di leggerezza, almeno per noi, è uno sforzo quotidiano e si realizza nel trattare argomenti spesso complessi nel modo più semplice e più chiaro per tutti i nostri lettori.


Chiarezza e semplicità non sempre facili da ottenere, immagino.
No, ma comunque indispensabili. D’altra parte quello che intendiamo fornire è un servizio, e lo riteniamo straordinariamente utile perché i temi dell’economia e della finanza entrano nella vita di tutti noi. Quindi è bene che tutti imparino a capire quanto sta accadendo.


Ad esempio come investire i propri soldi?
Sì, faccio un esempio concreto: per cambiare l’auto l’italiano medio si informa, valuta le notizie che raccoglie e mediamente impiega una settimana per prendere la decisione finale. Al contrario, quando si tratta di risparmio, magari quello di un’intera vita, le decisioni sono prese in base al passaparola o ai consigli dell’ultimo momento. Tutto questo è foriero di grandi danni e spesso significa vedere i propri sudati risparmi volatilizzarsi rapidamente.


In effetti la storia recente è piena di risparmiatori che si sono fatti abbindolare da mirabolanti promesse.
Appunto, varrebbe la pena che ognuno mettesse nella gestione dei propri risparmi un’attenzione almeno pari a quella che mette per il cambio dell’automobile: migliorerebbe la qualità della sua vita e il futuro suo e dei suoi familiari. Questo è solo un esempio, ma ne potrei fare molti altri.


Sei direttore da pochi mesi, un po’ ce l’hai già anticipato, ma come sarà Il Sole 24 Ore di Fabio Tamburini?
Intanto mi fa piacere sottolineare che il Gruppo 24 Ore è composto da testate diverse tra loro con un pubblico differenziato: Il Sole 24 Ore cartaceo ha come focus l’economia e la finanza, al contrario Radio 24 è una radio d’informazione generalista e, ugualmente, l'informazione digitale del Sole 24 Ore dà spazio ad argomenti che non sono solo di economia e finanza. Infine Radiocor, un’agenzia di stampa d’informazioni finanziarie.


Un’orchestra ampia e qualificata, ma anche eterogenea quanto a temi, strumenti di comunicazione e linguaggi…
Questo ci consente di proporre un’offerta molto variegata, ma un punto d’unione c’è: la scelta di andare compatti e sviluppare un progetto editoriale comune con declinazioni diverse.


E qui il ruolo del direttore è fondamentale.
Da quando sono direttore abbiamo inaugurato un coordinamento all’interno delle testate del Gruppo, per cui ogni giorno, subito dopo le riunioni di prima mattina, intorno a metà mattinata, si riuniscono i capi redattori del quotidiano cartaceo, dell’online, della radio e dell’agenzia di stampa, per mettere a punto un piano comune di lavoro per la giornata e assicurare così un’unità di conduzione del lavoro. È chiaro che ogni canale del Gruppo segue le sue regole e la sua natura, ma è importante che avvenga all’interno di un coordinamento che ne moltiplica l’impatto editoriale.


Il quotidiano continua comunque a rappresentare la punta di diamante. Quali i suoi punti di forza?

Ovviamente sono l’informazione economica, finanziaria e normativa. Dovessi sintetizzare la missione informativa del quotidiano in una battuta, utilizzerei la formula che non è nuova ma che rappresenta la tradizione del Gruppo: il secondo quotidiano che si legge per primo.


E la linea editoriale?
Credo che il giornale abbia una caratteristica forse unica nello scenario editoriale italiano. Si richiama alla formula giornalistica del settimanale Panorama all’epoca in cui il suo editore, Mondadori, aveva come azionista di riferimento la famiglia Formenton. La formula è: i fatti separati dalle opinioni. L’unica condizione per pubblicare i fatti è che siano veri, le opinioni meglio se contrapposte, perché il miglior servizio che si può fare al lettore è presentargli più opinioni, sarà poi ciascuno a valutare e farsene una propria. Aggiungo che le opinioni contrapposte sono le benvenute, perché ritengo che la dialettica sia il motore del mondo.

Tutto molto lontano dal giornalismo militante che ha finito con lo screditare la professione.
Certo, questa formula giornalistica è molto distintiva poiché la tendenza, ahimè prevalente, nel mondo dell’informazione è la curvatura dei fatti in funzione delle opinioni.


Anche per questo è arrivato il “fai da te” nel mondo dei media. Con l’aggravante che sui social sono in tanti a parlare e auto-conferirsi un’autorevolezza che non hanno.
Purtroppo è davvero così, credo che ci sia stato un percorso di degenerazione della qualità dell’informazione che affonda le radici nel successo delle televisioni commerciali. Dopo di loro è arrivato Internet, l’informazione online, dopo ancora Twitter. Il tutto in un crescendo rossiniano di superficialità. Per la verità, la medaglia ha più facce. Ce n’è una positiva, perché noi tutti possiamo oggi contare su una mole incredibile di informazioni e farle circolare aumenta la consapevolezza della vita che si sta vivendo. L’altra, negativa, è costituita proprio dalla superficialità di buona parte di queste informazioni, dalla mancanza di una verifica sulla veridicità delle notizie, che viaggiano quindi senza controlli nel mondo dei social media.


Dalle fake news, sebbene sempre esistite, è così sempre più difficile difendersi…
Però tutti noi lettori capiremo con l’esperienza che quello che leggiamo non sempre corrisponde alla verità e alla qualità. Capiremo che serve una certificazione, un marchio di qualità. Ecco, Il Sole 24 Ore si propone di rappresentare questo marchio di garanzia sulla qualità delle opinioni e sulla correttezza delle informazioni. Questo è il nostro sforzo, la nostra battaglia quotidiana. Provare per credere.

 

La disaffezione verso i media tradizionali nasce anche dal sospetto, come abbiamo detto, che esse tutelino gli interessi non del popolo ma dell’élite, di cui gli stessi giornalisti fanno parte. Così la dialettica novecentesca capitale vs proletariato si è trasformata in quella élite vs popolo. Che ne pensi?
Come giornalista e direttore del Sole 24 Ore non mi sento e non mi considero parte di nessuna élite, tutt’altro. Credo piuttosto sia interesse di tutti, e quindi anche di quello che oggi va di moda definire popolo, informarsi e ragionare correttamente attorno ai fatti e alle opinioni. Il nostro sforzo è quello della semplificazione, mettere tutti nelle condizioni di informarsi, ragionare e prendere decisioni consapevoli. Quelle superficiali sono sempre foriere di danni.


Insomma i giornali, come tutti i corpi intermedi, hanno ancora un ruolo, nell’epoca della disintermediazione.
Ci sono delle mode che diventano effimere in poco tempo. Credo che anche la cosiddetta disintermediazione, soprattutto dalle professioni, sia presto destinata a mostrare la corda, e non solo nell’informazione.


Anche perché i mediatori aiutano la comprensione e il confronto.
È così. Già a dicembre, in occasione dell’approvazione della manovra economica, le forze di governo che avevano fino a poco tempo prima teorizzato la disintermediazione hanno poi ritenuto conveniente cambiare idea, confrontarsi con le associazioni e le parti sociali, perché di fronte all’ingovernabilità delle situazioni hanno rispolverato proprio quello che avevano forse troppo presto archiviato, e cioè la concertazione.


A cui spesso si è attribuita un’accezione negativa.
E invece ne sono stati riscoperti i benefici. La concertazione non significa che tutti devono avere la stessa opinione, ma è meglio confrontarsi per evitare di prendere decisioni che poi si rivelano insostenibili.


A proposito di decisioni politiche, ormai è l’economia che comanda la politica. Maglie strette, vincoli finanziari europei rigidissimi…
Io ritengo che l’economia abbia sempre comandato sulla politica, tuttavia in passato la politica aveva leadership, un ruolo per bilanciare ed essere protagonista di un confronto dialettico con l’economia. Il tramonto delle ideologie ha determinato il crollo delle leadership politiche e ha lasciato campo alla prevalenza dell’economia. Bisogna poi aggiungere che nell’economia, almeno per quanto riguarda l’Italia, i poteri forti che in passato hanno avuto un ruolo importante sono tramontati, e questo ha determinato un vuoto sia sul fronte politico che economico.


Poi molte leve decisionali sono ormai altrove.
Certo, la globalizzazione da un lato e la nascita di poteri extra nazionali, ad esempio l’Europa, hanno determinato uno spostamento dei centri decisionali fuori dagli stati nazionali. È successo un po’ in tutto il mondo e anche in Italia. Adesso si è scatenata una reazione di tipo opposto, la nascita e lo svilupparsi di movimenti definiti sovranisti o populisti che intendono riportare in posizioni di comando gli stati nazionali. Vedremo come va a finire.


Secondo te come va a finire?
Credo che difficilmente su temi di questo genere si torni indietro e quindi la tendenza alla creazione o alla conservazione di realtà sovranazionali penso sia destinata a prevalere. Detto ciò, ho anche l’impressione che queste realtà sovranazionali siano troppo spesso servite per fare gli interessi di singoli Stati. Questo non va bene e spiega anche le reazioni che ci sono state. In sintesi, credo che l’Europa sia una strada di non ritorno, sempre che i Paesi più forti, come la Germania e la Francia, non tendano a governarla per fare gli interessi loro. L’Europa si rilancia creando le condizioni affinché faccia l’interesse di tutti i suoi componenti e non di singoli Paesi che accrescono la loro ricchezza alle spalle degli altri.

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