In apertura, Umberto Boccioni, Forme uniche della continuità nello spazio (1913), Kröller-Müller Museum, Otterlo, the Netherlands, acquisito col supporto del Dr. C.H. van der Leeuw Foundation

Ricostruire l’universo rallegrandolo di forme e colori, ricrearlo integralmente con forme che sembrano schizzare fuori dalle tele a tutta velocità, voler dare ossa e carne all'invisibile, all'impalpabile, all'imponderabile, all'impercettibile. O, ancora, avere l’audacia di rappresentare l’invisibile.

 

Sono alcuni dei passaggi salienti del manifesto Ricostruzione futurista dell’universo che gli astrattisti-futuristi, come loro stessi si definiscono, pubblicano a Milano l’11 marzo 1915. In calce le firme di Giacomo Balla e Fortunato Depero, artisti ispirati a dare forma a «complessi plastici».

 

Da allora l’arte in Italia diventa avanguardia, si fa materica, totale, in grado di oltrepassare i confini tradizionali del quadro o della statua, e coinvolgere tutti i campi dell’indagine intellettuale, dalla pittura al disegno, dall’architettura alla scultura fino alla poesia, al teatro alla moda e al design. Si mescola con la vita concretizzandosi in gesto-azione definito volontà, ottimismo, aggressione, possesso, gioia, forza geometrica e, soprattutto, futuro.

 

Ma come germina un’avanguardia? Quando ci si accorge che è sbocciata, cambiando profondamente la storia dell’arte? La nascita dell’avanguardia 1910-1915 è la mostra, allestita nelle sale di Palazzo Zabarella a Padova fino al 26 febbraio, con la curatela di Fabio Benzi, Francesco Leone, Fernando Mazzocca, che analizza in maniera inedita le origini del movimento.

Giacomo Balla, Il ponte della velocità (1913-1915)

Giacomo Balla, Il ponte della velocità (1913-1915), Roma, Galleria Nazionale d’arte moderna e contemporanea © Giacomo Balla, by Siae 2022 

Centoventuno opere, alcune raramente visibili e provenienti da musei e collezioni di tutto il mondo, raccontano con andamento cronologico e storico un periodo breve ma densissimo di rivoluzione artistica, scandagliando i cinque anni della genesi futurista.

 

Una rivoluzione che supera, con spallate fatte di colori audaci, piani scomposti, parole libere e sculture massicce, il passato impostato e accademico, dal gusto classico, fatto di quadri e realtà raffigurata dal vero. Per imporre uno sguardo altro del mondo. Si afferma con vigore che l’opera d’arte deve celebrare la velocità e il dinamismo di un nuovo presente abitato da scoperte scientifiche, energia elettrica, distanze che si percorrono con auto scattanti, treni, aerei, dentro città moderne.

 

È un mondo complesso e in fieri, sulla soglia della Prima guerra mondiale, quello in cui si muovono gli artisti futuristi: Umberto Boccioni soprattutto, e poi Balla, Carlo Carrà e Gino Severini, solo per citarne alcuni. Come intento intellettuale e creativo vogliono risvegliare l’arte figurativa che non può restare adagiata su tematiche spesso legate a soggetti religiosi e mitologici e lontane dal reale.

Luigi Russolo, Profumo (1910)

Luigi Russolo, Profumo (1910) Mart, Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto, Collezione VAF-Stiftung

Ma non c’è rivoluzione senza legami col passato recente e i giovani futuristi iniziano il loro cammino da due esperienze di fine ‘800 che ispirano in loro ricerca e progresso. Il Divisionismo e il Simbolismo dai tratti sconnessi, le pennellate puntinate, astratte, mai naturalistiche offrono un’altra visione del circostante, in termini più spirituali e psicologici. Da lì partono i futuristi per arrivare a frammentare la materia, renderla vibrante, aggressiva e spigolosa. E raccontare, così, la complessità del mondo.

 

La mostra parte proprio dal recupero di queste radici simboliste e dall’accostamento con le tecniche divisioniste che i fondatori del Futurismo apprezzano, tra gli altri, nei lavori di Giovanni Segantini, Gaetano Previati o Giuseppe Pellizza da Volpedo. A dimostrazione che un’avanguardia così dirompente, per essere compresa appieno, ha bisogno di essere studiata dalla sua germinazione.

 

Un dialogo d’avvio che corre tra le sale, dalle prime opere più cupe e invernali alle pennellate filamentose e colorate fino alla tridimensionalità della scultura che si fa possente, polimaterica e in atteggiamento dinamico, come a voler uscire dalle linee della statuaria classica. Balla la rende addirittura astratta e con Depero crea, nel 1914, gli originali complessi plastici, creazioni immaginarie da osservare a tutto tondo per sviluppare percezioni e dare nuova comprensione alle forme nello spazio.

 

Il bronzo si fonde, è modellato con spigolature e disarmonie. Tra il 1912 e il ‘13 Boccioni crea Forme uniche della continuità nello spazio, un’icona, e ferma il senso di movimento di un oggetto inanimato. Un cammino inesorabile verso il futuro e tutte le sue contraddizioni.

Articolo tratto da La Freccia

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