In apertura Katsushika Hokusai, La grande onda del Kanagawa (1831), xilografia

«Vivere solo nell’attimo presente, rivolgere tutta la propria attenzione ai capricci della luna, alla neve, ai ciliegi in fiore, alle foglie degli aceri, cantare, bere sake». Ma anche «rifiutare di lasciarsi scoraggiare, essere come una zucca galleggiante sulla corrente di un fiume: questo è ciò che si chiama ukiyo». Così recita un racconto giapponese del 1661, per spiegare il concetto di “mondo fluttuante”, simile al carpe diem oraziano, a cui la cultura occidentale è più avvezza.

 

Una filosofia che si può approfondire a Torino, nel parco del Valentino, nella prima città Capitale d’Italia, dove si nasconde un angolo di Estremo Oriente. Nel palazzo della Società promotrice delle belle arti, fino al 25 giugno, si può scoprire un mondo esotico pieno di bellezza e armonia visitando la mostra Utamaro, Hokusai, Hiroshige. Geishe, samurai e la civiltà del piacere.

 

Qui sono esposti 300 oggetti e opere d’arte in prestito dal Musec di Lugano, dai musei di arte orientale di Venezia, Torino e Trieste, dalla Fondation Baur Musée des Arts d'Extrême-Orient di Ginevra e da collezioni private. Una panoramica per rappresentare il mondo Edo, che va dal 1603 al 1868: oltre 150 anni di pace all’interno del Paese, in splendido isolamento dal resto del mondo. Si potrebbe definire l’era dell’edonismo nipponico, con discepoli dediti ai piaceri della vita perché consapevoli della sua fugacità.

 

Quando i ricchi mercanti (chōnin) riempivano le loro giornate con spettacoli teatrali e intrattenimenti con geishe nelle case da tè, spendendo le loro fortune per acquistare straordinarie opere d’arte. L’esposizione è un viaggio emotivo e rilassante che conduce nell’universo del Sol Levante.

 

In nove sezioni si possono ammirare capolavori di artisti come Kitagawa Utamaro, Katsushika Hokusai e Utagawa Hiroshige e una serie di opere minuziose e pregevoli, dalle stampe ai ventagli, dai paraventi alle maschere, fino a stupefacenti kimono e impressionanti statue vigorose di samurai. Sono rappresentati miti, abitudini e storie di vita quotidiana, utilizzando anche il linguaggio dell’ironia e il codice dell’erotismo. 

Keisai Eisen, La cortigiana Yosooi della casa Matsubaya (1815-1840), xilografia

La mostra, prodotta da Skira, che ha anche pubblicato il catalogo, si apre con le immagini del mondo fluttuante e gli occhi si soffermano su innumerevoli stampe xilografiche incentrate sul gusto per un’esistenza piacevole. I soggetti e le figure ritratte portano a immaginare terre, luoghi e abitazioni ricche di particolari e dettagli. Protagonisti assoluti sono i paesaggi, la natura montuosa o il mare imponente, perché il viaggio era parte integrante della vita quotidiana dei giapponesi.

 

Su ventagli minuti e piccoli quadri, ecco tripudi di fiori e frutti, pasti gustosi per vivaci uccellini. Dalle camelie invernali tra la neve alla primaverile fioritura dei ciliegi, dalle peonie estive alle campanule dell’autunno, tutte le stagioni sono rappresentate.

 

Il mondo nipponico influenza anche pittori occidentali, come gli impressionisti, che si ispirano ai 15 volumi dei manga di Hokusai, o Vincent Van Gogh che riproduce, nel suo stile, due stampe della serie Cento vedute di luoghi celebri di Edo realizzata da Hiroshige.

 

Proseguendo nell’immersione a Levante, si aprono le sale dedicate al teatro, un piacere della vita che apre a riflessioni filosofiche. In esposizione si ammirano oggetti delle varie forme di spettacolo, kabuki, e kyōgen, soprattutto maschere di personaggi, animali fantastici, spiriti e demoni dalle espressioni intense o terribili, sorprese o spaventate.

 

In questa sezione emerge anche un curioso programma del 1890, uno stendardo della metà del XIX secolo in tessuto: una sorta di locandina illustrata, dipinta a mano e stampata in nero, usata per pubblicizzare gli spettacoli.

 

Negli spazi a seguire fanno sfoggio di sé kimono ricamati con fili d’oro e d’argento, che riproducono paesaggi, monti innevati, draghi, flora e fauna, con i toni del celeste, del bianco, del rosso, del verde e dell’arancio. Incuriosiscono arredi laccati, come mobili per toeletta, e una scatola da viaggio con pettini e pennelli da barba, oppure stampe che ritraggono bambini che giocano a mosca cieca.

Maschera del teatro nō (XVIII-XIX secolo), raffigurante la poetessa Komachi Onna

Un universo a sé, denso e contraddittorio, è quello femminile, che merita una sezione a parte. Nell’immaginario collettivo, le giapponesi sono identificate spesso con le seduttive geishe. Ma in Estremo Oriente i diritti e le libertà delle donne erano molto limitati, seppur con qualche differenza tra classi sociali.

 

Vengono ritratte con costumi e pettinature tipiche, mentre sono intente in attività quotidiane, nelle stampe di Tsukioka Yoshitoshi o nei trittici di Miyagawa Shuntei, accanto a elementi vegetali che richiamano i mesi dell’anno.

 

Un capitolo a parte meritano le xilografie a soggetto erotico, realizzate dai più importanti artisti del tempo. Oltre 50 tra stampe e shunpon, libri policromi illustrati, che rimandavano alla sacralità dell’atto sessuale.

 

Ecco nelle vetrine alcuni fogli dell’Introduzione erotica al matrimonio di Utagawa Kunisada, fortunato autore del tempo e di Fare l’amore con una donna d’immensa bellezza, una serie rara di 12 xilografie di Utamaro, maestro di rottura rispetto agli altri autori, che rappresenta il vero amore tra corpo e psiche, esprimendo il piacere femminile attraverso gli occhi socchiusi delle amanti.

 

Dalle battaglie d’amore si arriva, verso la parte finale della mostra, al mondo dell’eroismo di samurai e guerrieri, grazie all’esposizione di armature e corazze squamate, imponenti e straordinarie, e non mancano storie di eroine entrate nel mito. La chiusura, infine, è onirica e fluttuante.

 

Nell’ultima stanza ci si immerge nella Grande onda di Hokusai, un quadretto in cui il mare sovrasta su tutto e sembra inghiottire una minuscola imbarcazione. Il battello prosegue il suo navigare, come l’individuo deve imparare a fare nella vita, cosciente della sua piccolezza, sospeso tra il senso dell’effimero e dell’eterno. Prima di uscire, immergersi in questa installazione avvolgente, tra acqua spumeggiante e la vetta del vulcano Fuji, è un viaggio tra caducità e piacere.