Pietro Costa, Branciforti family portrait (2022) Collezione privata
Ritratti biologici e organici. Materia e figura, sostanza e icona. Sono le effigi di Pietro Costa, l’artista newyorkese che ricerca la connessione tra arte e scienza e indaga il concetto di dipinto fisico con l’intento di rappresentare l’io, tra unicità, appartenenza familiare e comunità.
La mostra /ri.tràt.ti/ /ˈpôrˌtrāts/, al Museo civico di Palazzo Pretorio a Prato, fino al 31 luglio, presenta per la prima volta al pubblico la selezione di opere della serie bloodworks eseguite da Costa tra il 2018 e il 2022. Con una tecnica del tutto particolare, l’artista utilizza come pigmento alcune gocce di liquido ematico della persona raffigurata, spalmato tra due fogli di carta fotografica.
Pietro Costa, Father & Son l (2022)
Ne emerge un ritratto assoluto, in cui il soggetto è anche coinquilino e parte materica del lavoro, insieme a quei microrganismi che circolano nell’aria e finiscono nel dipinto. Sangue e pollini, cellule e soffi d’etere si mescolano, creando un’opera concettuale in cui la riflessione passa dall’io al circostante. Un qui e ora corporeo, raccolto nei fogli, che diventa patrimonio umano, ambientale e sociale.
L’esposizione, a cura di Chiara Spangaro, racconta il senso di inclusione sociale che sottende al concetto di comunità, presentando membri della famiglia di Costa o personaggi noti come lo scrittore Sandro Veronesi fino a giovani del Ghana in fuga dal loro Paese.
Articolo tratto da La Freccia
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