In apertura Donatello, Madonna col Bambino (1415) Londra, Victoria e Albert Museum

Donato di Niccolò di Betto Bardi percorre le strade di una Firenze laboriosa e piena di cantieri, tra la fine del ‘300 e i primi del ‘400, quando un nuovo, potentissimo vento di rinnovamento soffia su arti e scienze. Trasformando città, palazzi, chiese e menti. Giovanissimo, figlio di un tessitore, lavora in una delle più importanti fabbriche del tempo, la cattedrale di Santa Maria del Fiore, per dare un contributo alla Porta della Mandorla, l’ingresso laterale del duomo in cui il Gotico, tra ricami e rilievi, lascia spazio a nuovi stili.

Nel 1408 Donato, poco più che ventenne, plasma il suo primo David in marmo, mentre continua a sbirciare la maestria cesellatoria di Lorenzo Ghiberti e a frequentare personaggi come Filippo Brunelleschi, Masaccio, Nanni di Banco, Verrocchio. E proprio Brunelleschi, con cui si spinge fino a Roma per conoscere le vestigia dell’antico e la maestosità dei monumenti capitolini, si accorge presto delle capacità e delle intuizioni rare del giovane amico, tanto da stimolarle e guidarle.

Donato diventa così Donatello, il massimo scultore del ‘400, innovatore e interprete di quella «conoscenza più seria e più perfetta dell’uomo in particolare e dell’umanità in generale», come lo storico Jacob Burckhardt definisce, per la prima volta, quel soffio nuovo con la parola Rinascimento.

Donatello, David vittorioso (1435-1440) Museo nazionale del Bargello Courtesy Ministero della cultura

Donatello, David vittorioso (1435-1440) Museo nazionale del Bargello Courtesy Ministero della cultura

Pioniere, insieme agli amici Brunelleschi e Masaccio, dell’età moderna dell’arte italiana, Donatello avvia quella rivoluzione nel modo di fare, concepire e fruire l’arte di cui geni indiscussi come Leonardo, Michelangelo, Raffaello e tanti altri si sono nutriti per le loro creazioni, un secolo dopo. Abile in tutte le tecniche, ha saputo utilizzare le materie più varie che modella, piega, sagoma come fosse pasta morbida: dal marmo al bronzo, dal legno alla terracotta fino allo stucco policromo. Ma, soprattutto, Donatello trasforma la fissità della scultura in uno straordinario mezzo per riflettere e raccontare carne, animo e verità umane.

Oggi la sua città natale lo celebra con una grande mostra che lo colloca definitivamente tra i maestri dei maestri di tutti i tempi, ricostruendone tutto il percorso artistico e culturale, dagli esordi ai grandi marmi e bronzi come il San Giorgio o l’emblematico David, raffigurato con cappello e lunghi capelli sciolti. Donatello, il Rinascimento, aperta fino al 31 luglio nelle sedi di Palazzo Strozzi e del Museo del Bargello, riunisce per la prima volta i più importanti capolavori dello scultore, con prestiti provenienti da tutto il mondo, e li mette a confronto con opere di Brunelleschi, Masaccio, Andrea Mantegna, Giovanni Bellini, Michelangelo e Raffaello, in una cronologia narrativa che arriva al ‘600.

Una lunga biografia artistica narrata da oltre 130 pezzi e un itinerario donatelliano diffuso in 16 luoghi della Toscana: varie sedi a Firenze, tra cui l’Opera di Santa Croce, la Medicea Laurenziana e quella di Santa Maria del Fiore, poi, Arezzo, Pisa, Siena, Prato, e Torrita di Siena, dove sono custoditi capolavori inamovibili.

Donatello e Michelozzo, Danza di spiritelli (1434-1438) Prato, Museo Opera del Duomo - Diocesi di Prato © Ufficio Beni culturali Diocesi Prato

Donatello e Michelozzo, Danza di spiritelli (1434-1438) Prato, Museo Opera del Duomo - Diocesi di Prato © Ufficio Beni culturali Diocesi Prato

«Donatello non perse mai l’occasione di inventare i più acuti espedienti per dar moto ai corpi e simulare la partecipazione delle figure al flusso continuo dell’esperienza terrena», scrive nel catalogo il curatore Francesco Caglioti. Tanto che, «l’osservatore è coinvolto e sedotto da un gioco ambiguo, e perciò efficace, nel quale rischia di confondere il proprio ruolo con quello dei personaggi, e persino di altri spettatori fittizi».

L’essere umano e la sua dimensione sono la scoperta più grande dello scultore 400esco che, nella sua lunga carriera, rappresenta con la realtà nelle mani, forgiando le emozioni in tutte le sfaccettature, dalla grazia alla cattiveria, dalla letizia al dolore straziante. Come ebbe a dire Giorgio Vasari, sembra mettere in croce un contadino tanto il suo Gesù nel Crocifisso assomiglia a un uomo qualunque, sgraziato e asimmetrico nel momento dell’agonia, fa sorridere beati gli Spiritelli come bambini, e concretizza l’ebrezza di Amore-Attis facendo danzare un paffuto putto con le braccia alzate in piena libertà plastica.

Ma sono le Madonne in mostra, protagoniste di un’intera sezione, che consentono di incrociare gli occhi di popolane, dame, madri affettuosissime: profili eterni di personaggi del ‘400 come di una qualsiasi ragazza del XXII secolo. Nel modellato dei corpi pieni, tra seni torniti e guance carnose, o nelle vesti tormentate da pieghe infinite, cucite da giochi di luce e ombra, Donatello ha scolpito, per sempre, l’umanità.

Articolo tratto da La Freccia

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