Francesco Moser guida la squadra, ma sono il figlio Carlo e il nipote Matteo a fare l’andatura della cantina di famiglia, nella meravigliosa Val di Cembra in Trentino. Hanno idee chiare e passione per l’alta qualità delle loro bollicine. “Vogliamo essere apprezzati per i nostri vini e non solo come la cantina di un campione del ciclismo” sottolinea Carlo. La famiglia Moser ha scelto la cucina di altissimo livello e grande talento di Andrea Berton a Milano per presentare il nuovo vino della Cantina Moser. Il “Blauen Blanc de Noirs 2015” è un Trento doc prodotto da un singolo vigneto di Pinot Nero, il “DOS de Cedri”, di Maso Warth, sulle colline di Trento e affinato per 72 mesi sui lieviti in bottiglia. Il nome proviene dalle parole del Walzer di Strauss.

Ultimo nato in azienda, è già stato premiato da alcune delle più importanti guide vini italiane.

A raccontare la storia di questa passione per il vino inizia Francesco Moser, campione del mondo di ciclismo e sportivo di grandissima esperienza. “Quante gare ho fatto a Milano, partendo proprio da qui per la Milano Sanremo, per citare la più celebre”. E nelle sue parole balza subito in primo piano la sua concretezza di montagna quell’essere uomo dai principi immutabili “Siamo gente della Val di Cembra - continua - e tutti noi abbiamo avuto a che fare con le vigne di mio padre e ci siamo fatti le ossa lavorando nei campi. Altro che allenamenti - afferma con un sorriso aperto - a sedici anni ero già capo azienda e lavoravo la campagna, all’epoca conferivamo l’uva alla cantina sociale di Lavis”.

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E poi ricordi e aneddoti di chi, con la semplicità e la determinazione, si è conquistato il mondo. “Quando vincevo le gare venivano tutti alla nostra cantina, c’era uno che si metteva seduto su una scala vicino alla botte, direttamente con il tubo di gomma in mano e dava un bicchiere di vino a tutti quelli che passavano. In casa abbiamo ancora un torchio con la stanga, veniva utilizzavo giorno e notte perché chi voleva torchiare le sue vinacce veniva e lo usava. Si faceva anche la grappa “semi clandestina”, ricorda divertito. “Anche quando ho cominciato a correre tenevo comunque un occhio sulla campagna. Poi abbiamo cominciato a imbottigliare il nostro vino e sulle etichette c’erano le mie foto con la maglia rosa o quella da campione del mondo. Quando ho smesso di correre nel 1988 ho comprato il maso dove stavano, uno dei luoghi più belli del Trentino, una posizione particolare dalla quale vedi le montagne in maniera affasciante”. Da allora la cantina Moser è cresciuta in qualità, in professionalità e in produzione. Oggi quegli aneddoti sono fotografie di un album di ricordi anche se la forza del campione le mantiene vive e lo ascolti con grande piacere.

bottiglie di vino

È stato il nipote Matteo Moser ad iniziare con la professione enologica lo sviluppo della cantina, che oggi possiede vigneti intorno al maso e nelle zone vicine. Nel 1984 nasce il primo metodo classico Trento doc, con il nome “51,151” il record mondiale dell’ora, segnato da Francesco Moser. Successivamente sono arrivati i nuovi rosé e il brut nature, e ora il nuovo “Blauen blanc de noirs”. “Il legame tra la storia di papà è quella della cantina è importante, siamo una famiglia che viene dalla vigna, la carriera ciclistica di mio padre ci ha aiutato molto nel comprare i vigneti e costruire la cantina. Ma abbiamo deciso di far parlare la qualità dei nostri vini e non di presentarci come la cantina di un campione del ciclismo. Siamo andati oltre questo concetto per diventare una realtà conosciuta nel mondo enologico e apprezzata per il prodotto.

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È Matteo Moser a dare l’impronta ai vini. “Il mio pensiero di fondo - afferma - è dare continuità e stilistica. Siamo avvantaggiati perché lavoriamo in proprio i nostri vigneti. Ogni singola bottiglia nasce dal percorso di vinificazione svolto totalmente da noi e dai nostri ragazzi. Non tutte le cantine possono affermare di avere questo controllo totale sull’intera linea produttiva. Questo ci dà modo di creare una linea stilistica ben definita e precisa che si sente nel bicchiere.

I due vigneti di Pinot nero sono vicini al maso, sulla “collina dei cedri” detta così, per la presenza di due alberi. Il Blauen ha una vinificazione quasi banale, didattica. Viene pressato, vinificato, imbottigliato e pressato sui lieviti. Poca interferenza umana nel fare questi vini, il processo lo fa il vigneto”. Il risultato è una bollicina di grandissima eleganza, diretta, affascinate. Dal naso pulito e fresco e dal palato accogliente e felice che invita al secondo calice. Ne vengono prodotte circa 3000 bottiglie. Un lavoro duro e impegnativo, ma i risultati sono davvero di grande livello.

E come dice Francesco Moser “Per me era più facile correre in bici che fare il vino”.