Rendering del progetto Mare 2020: la misura e il paesaggio © Arteprima Progetti

«L’arte è il nostro cavallo sulla scacchiera della crisi pandemica, l’unico in grado di fare una mossa a sorpresa, scavalcando la crisi stessa e riapparendo là dove nessuno se l’aspetta, pronto a essere in prima fila verso un nuovo Rinascimento e a fuggire da questo buio e soffocante presente». A dirlo con convinzione è l’architetto Raffaele Giannitelli che, passando da una visione generale a un progetto specifico, insieme all’artista Filippo Riniolo ha recentemente firmato il progetto Mare 2020 - la misura e il paesaggio, promosso da Arteprima Progetti, impresa creativa guidata da Francesco Cascino.

 

Una proposta per ripensare le spiagge ai tempi del coronavirus basata sull’approccio dell’Art Thinking, che applica le pratiche dell’arte per risolvere problemi e innovare. «È facile comprendere quanto queste visioni, pratiche, metodologie possano essere applicate in ogni luogo (ufficio, treno, aereo, asilo, università, condominio, ecc.) e in ogni processo della vita pubblica e privata, dalle imprese alle istituzioni, se solo tornassimo “in avanti” a Giotto e Brunelleschi, cioè all’armonia funzionale come obiettivo e al disegno come dispositivo immaginifico di soluzione. Come si dice solo in Italia: “Ce l’hai un disegno?”», aggiunge Cascino che dell’Art Thinking è uno dei fondatori, insieme a Raffaele Giannitelli e Filippo Riniolo, che abbiamo intervistato per saperne di più.
 

Filippo, cos’è l’Art Thinking?

L’artista è il professionista del rischio. Colui che è abituato, attraverso i sensi, il disegno, l’empirismo, a testare e intuire le possibili direzioni. Il pensiero laterale è una funzione del cervello che si allena con le mani, come l’intelligenza motoria. E si sviluppa con la pratica artistica, come saper giocare a pallone. Chi ha più talento con l’esercizio diventa un artista. Questa facoltà del pensiero e della mano crea soluzioni innovative. Ma non è il nuovo per il nuovo. È il nuovo che ha senso. Direzione e senso. È il nuovo per un motivo: perché parte dai problemi per immaginare le soluzioni. Parte dalla persona. Dalla figura umana (il soggetto più rappresentato nella storia dell’arte) che è sempre, e deve esserlo, l’alfa e l’omega del perché facciamo le cose. Questo approccio è quello che definiamo Art Thinking. Lo abbiamo presentato al MAXXI di Roma un anno fa, e sta facendo strada. In molti si stanno convincendo che questa visione può essere un volano per una crescita sostenibile, relazionale, umana. A tutela della vita, dello spazio, della libertà e dell’armonia.

 

Tra le soluzioni basate sull’approccio dell’Art Thinking, rientra il vostro progetto Mare 2020 - la misura e il paesaggio. Ce ne parli?

Come tutte le storie a lieto fine, parte da un amore. L’amore per il mare. Quando con Raffaele e Francesco Cascino, curatore del progetto, abbiamo visto le soluzioni anti Covid-19 che si andavano profilando per le spiagge – mi riferisco a quelle con il plexiglass – abbiamo deciso di mettere in campo il nostro know-how artistico. Armato di carta e matita ho cominciato a disegnare pensando alla natura e, in particolare, alle api che ci insegnano come il modo migliore per disporre gli oggetti sia quello dell’esagono. Una disposizione caratterizzata da angoli a 60 gradi – tipica degli alveari – risulta molto più efficiente rispetto a quella quadrata, poiché a parità di spazio ci sono più persone e a parità di persone c’è più spazio. È stato Raffaele, poi, ad avere l’altra intuizione: gli esagoni, meglio dei quadrati o dei cerchi, permettono di costruire un reticolo di rotonde realizzate con piante autoctone, in modo da garantire il distanziamento sociale soprattutto nei luoghi di passaggio. Il cuore del nostro progetto è questo: non ci siamo occupati di come chiudere le persone, con cubi di materiali invivibili, ma di come costruire percorsi per farle muovere. In fondo una città non è disegnata dalle case che la compongono, ma dalle vie e dalle piazze. E poi ci sono gli ombrelloni esagonali, fatti con le vele, nati dai miei disegni, come sculture. Libero dall’idea dell’ombrellone (un oggetto che non si aggiorna da molto tempo), mi sono concentrato su una forma, ed è piaciuta molto. Uno strumento che ci ripari dal sole e dal vento non poteva che essere composto da vele, resistenti e in armonia con lo spazio, con il mare. Ecco il nostro progetto, ecco cos’è l’Art Thinking.

L’artista Filippo Riniolo

Raffaele, perché oggi di fronte alle macerie post Covid-19 sarebbe meglio lavorare a un nuovo Rinascimento legato all’arte e all’architettura, piuttosto che a una ricostruzione?

La risposta della comunità Italia a questa pandemia deve necessariamente porsi su due livelli. Un primo passaggio deve consentire soluzioni rapide ed efficaci per riportare in funzione quante più attività, tra quelle già precedentemente operative. Per questo primo passo post pandemia parlerei di una ricostruzione creativa che possa rimettere in piedi il sistema economico e sociale che, nel nostro Paese, già affrontava enormi problemi di equilibrio e confronto globale. Ma sarà comunque difficile tornare presto a livelli di attività paragonabili al passato. Questo aspetto, unito alla necessità di far fronte all’indebitamento che nella nostra società si incrementa ogni giorno di più, ci costringe a immaginare un vero e proprio Rinascimento, che sviluppi un paradigma finalizzato a un’economia e una cultura nuove, in modo da innovare il sistema economico, culturale e sociale per renderlo competitivo e sostenibile in una situazione

da “economia di guerra”. Partendo da questa riflessione, occorre guardare alle reali risorse italiane in grado di far primeggiare il Paese e valorizzarne le qualità storicamente legate all’arte e all’architettura, motori di innovazione essenziali, che sanno collaborare con l’economia e la tecnologia proprio per dar vita a un qualcosa che oggi non c’è, ma che occorre, per rispondere alla crisi. L’arte può essere la polena che indirizza lo sguardo e le risorse verso un futuro che ci veda attori in uno scenario di competizione globale. In fondo, le macchine fantastiche di Leonardo da Vinci, al di là della loro reale costruibilità, hanno svolto una funzione essenziale nell’orientare lo sguardo verso un futuro in cui le macchine stesse aiutassero l’uomo a svolgere attività prima impensabili.
 

Il tuo ragionamento si scontra, però, con la realtà, dal momento che nelle numerose task force governative istituite per affrontare l’emergenza non è presente neppure un artista o un architetto. Questo fatto cosa ci racconta dell’Italia?

Che siamo un Paese avvitato su se stesso e impaurito dal futuro e dai cambiamenti. Il risultato è il proliferare di queste task force ricche di specialisti, ma senza la possibilità di traguardare un orizzonte che possa realmente far rinascere l’Italia, attraverso un uso sistematico degli unici strumenti in grado di generare futuro: l’arte e la scienza. Quando i Comuni italiani sono usciti da un periodo buio in cui hanno vissuto pesanti pestilenze, i più visionari dei loro governanti, come i Medici a Firenze e il duca di Montefeltro a Urbino, si sono rivolti ad artisti e architetti per generare identità e valorizzare le città. Ottenendo risultati stupefacenti di cui ancora oggi quelle realtà godono, non soggette a crisi o competitor di sorta.